di Rachele Velletri/ Il centro giovanile I Cortili della cooperativa Villaggio del Fanciullo, sito nel quartiere Cirenaica di Bologna, si occupa di costruire un luogo sicuro per gli adolescenti della zona che la vivono e la animano. Il centro costituisce un punto di riferimento per tutti, famiglie, ma soprattutto giovani e giovanissimi, che negli educatori e nei volontari trovano un orecchio sempre pronto ad ascoltarli.
Quello degli adolescenti è – e deve essere – un mondo fatto di relazioni, di trame e di incontri. Raccontarsi ed essere capiti sono operazioni complementari spesso difficili, che richiedono una voce pronta alla narrazione e un orecchio attento e interessato.
Gli ambienti che i giovani vivono quotidianamente, ci raccontano Denise, studentessa universitaria di 19 anni, e F., 16 anni, non sempre hanno gli strumenti adatti ad accogliere la potente ma ancora giovane voce di un adolescente. “Nella mia scuola c’era uno sportello d’ascolto dove la nostra psicologa era la nostra prof di matematica” racconta, non senza una punta di amaro divertimento, F. che frequenta il centro da tre anni. E se un servizio pubblico nell’ambito scolastico non è d’aiuto, le mura di casa non sono da meno: “Il centro è un posto accogliente quindi ti dà quella calma e quella serenità che magari quelle volte, da adolescente, in casa non trovi. Non ti senti capita” chiosa Denise. Emerge a più riprese una certa insoddisfazione nei confronti di figure canonicamente ritenute di riferimento, e al contrario, una profonda riconoscenza per gli educatori e i volontari del centro: come Laura Fabbri, che durante l’intervista sprona affettuosamente i ragazzi a parlare di sé e delle attività comunitarie.
I Cortili, sebbene con gli anni abbia perso un certo numero di avventori – come riporta Denise – è tuttavia rimasto un significativo luogo di incontro per il vitale quartiere della Cirenaica. Questa vitalità è in gran parte alimentata dalla diversa origine dei residenti della zona, che rende ragione della natura composita dei giovani che frequentano il centro. Adolescenti e preadolescenti, prevalentemente di seconda generazione, espressione controversa che sta a indicare i figli nati da genitori stranieri nel paese di immigrazione: è, questo, un punto di forza imprescindibile per chi il centro lo vive nel quotidiano. “Si impara anche questo: che il diverso è uguale, il diverso non è brutto, anzi è bello essere diversi” dichiara Denise. Il riferimento è a certi episodi di razzismo segnalati da B., sedicenne con genitori del Bangladesh, che riporta una spiacevole vicenda nell’ambito della sanità pubblica di Bologna.
I ragazzi denunciano lucidamente che il problema di atteggiamenti razzisti risiede nella paura, nell’ignoranza della ricchezza che la diversità dona e nella strumentalizzazione che, talora, viene fatta di certi eventi. “Ci sono certi momenti”, incalza A., di origine romena, “anche in luoghi proprio pubblici, come in autobus oppure pure a scuola. Infatti nella nostra scuola vogliono fare un’occupazione perché ci sono professori razzisti”. Il complesso background di questi adolescenti giunge, pertanto, a un picco critico persino in un ambiente che, per sua natura, dovrebbe essere protetto. Presunta garante di riscatto sociale, la scuola diventa emblema dell’ipocrisia di un meccanismo che li taglia fuori fin da giovanissimi: si inserisce qui il prezioso contributo di Oficina, impresa sociale che organizza percorsi professionali gratuiti con un’offerta formativa diversificata, e opera nell’ambito regionale del Sistema IeFP (Istruzione e Formazione Professionale). “Qua ti fanno sentire speciale in qualche modo, e là ti ignoravano tutti, compresi i professori” spiega B., che con Oficina segue il corso per operatore meccanico di sistemi e a febbraio, grazie al sostegno del suo tutor, inizierà uno stage presso un’azienda del Bolognese.
In definitiva, sottolinea Laura, è importante ritagliarsi uno spazio per il confronto reciproco e per la costruzione di un dialogo tra adulti e giovani, ma anche tra i giovani e per i giovani. E all’ascolto è difatti improntato il loro progetto, da F. definito “sociologico”, che mira a interrogare i giovani in merito alla loro salute psicofisica e, all’occorrenza, indirizzarli a professionisti e a chi ha ruoli istituzionali nel quartiere Cirenaica. I ragazzi del centro I Cortili si fanno dunque ricercatori e studiano insieme le domande da porre, ma si lasciano anche guidare dalla loro esperienza di studenti, figli e adolescenti in un mondo che sembra essere sempre più sordo alle loro voci. Scopriamo così come mai, durante la nostra intervista, ci sono due addetti alla telecamera che ci riprendono: scopo finale del progetto è infatti quello di trasmettere un documentario e, eventualmente, scrivere un libro. In questo modo sperano di incentivare la creazione di nuovi centri giovanili che, come I Cortili, diano alle future generazioni un’occasione in cui esprimere la propria identità, tendano un orecchio a queste voci di frequente emarginate e – perché no – offrano uno spazio protetto per il divertimento.