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di Luciano Martucci

“Il Cavaliere di legno”: è questo il titolo dello spettacolo teatrale andato in scena il 27 gennaio alla Dozza, che si presenta come l’“esito finale” del corso di formazione nei mestieri del teatro, curato dagli attori Giacomo Armaroli e Paolo Fonticelli, dal drammaturgo Mattia De Luca, dallo scenografo Nicola Bruschi e dal tecnico audio-luci Andrea Biondi della Compagnia del Teatro dell’Argine di S. Lazzaro.

Lo spettacolo è stato, appunto, la tappa finale del progetto “Per aspera ad astra”, a cui hanno partecipato 15 detenuti, dal periodo che va dal 18 novembre al giorno della prima, per un totale di 200 ore di lezioni teorico-pratiche, attraverso un percorso che ha consentito di sperimentare tutto ciò che succede in un vero teatro.
Per quanto riguarda la recitazione, il programma prevedeva l’apprendimento di moduli di respirazione, dizione, mimica, postura e tecniche corporee per poi passare alla tecnica scenografica e ai costumi, per arrivare ad aspetti più strettamente tecnici come le luci e l’audio.
Gli attori detenuti hanno partecipato con grande impegno, mettendosi in gioco e dando il meglio di se. Nel gruppo solo Paolo Grassi aveva già alle spalle un’esperienza di teatro svolta presso la casa di reclusione di Fossombrone: intervistato su questo progetto, ha dichiarato di essersi divertito molto a interpretare il ruolo di Grillo Sansone Carrasco, aggiungendo che è sempre emozionante trovarsi davanti al pubblico.
Tra gli attori che hanno interpretato il ruolo dei burattini in veste di cavalieri erranti, c’era Domenico Caputo, che in occasione della sua prima esperienza ha raccontato di quanto sia stato impegnativo studiare il copione, apprendere le tecniche, collaborare a disegnare le scene, insomma una vera sfida, un continuo ed impegnato mettersi in discussione.
Anche per me che invece avevo già avuto esperienza come scenografo, salire sul palcoscenico è stata una full immersion in una dimensione nuova, dove ho sentito particolare interesse per le tecniche corporee.
Tutti gli attori sono stati impegnati per 6 ore al giorno, e questo è stato davvero uno sforzo notevole, considerando che alcuni sono studenti universitari, mentre altri svolgono attività lavorative a rotazione all’interno dell’istituto. L’unione rappresentata dall’impegno dei partecipanti, insieme alla professionalità degli insegnanti ha prodotto alla fine un ottimo risultato.
La questione su cui interrogarsi è se ci sarà continuità nel percorso per questo valido progetto, bello e interessante come la maggior parte di quelli che vengono proposti in carcere, sperando in una sua continuazione nel mese di marzo.