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di Maurizio Bianchi

Ogni settimana nella sezione penale si tiene un’ora di meditazione, guidata da Fabien Lang, un volontario che da 15 anni dedica parte del suo tempo libero ai detenuti che vogliono partecipare all’attività. Siamo circa una quindicina. Di volta in volta si analizzano parole di uso comune che, a seconda dei momenti e delle circostanze della nostra vita, possono assumere significati e risonanze diverse. Recentemente si è parlato di “fortuna”, di cosa rappresenta per ognuno di noi, di come ci rapportiamo con questa misteriosa presenza nella nostra esistenza, di come la potremmo spiegare, in parole povere, a un bambino.

Il vocabolario italiano riporta che si tratta di un sostantivo femminile che significa la “presunta causa di eventi e circostanze non spiegabili razionalmente, che viene immaginata nell’ordinario collettivo come una dea bendata che distribuisce indiscriminatamente il bene o il male; un complesso di circostanze favorevoli che, opportunamente sfruttato, può cooperare al trionfo di chi ne ha beneficiato”. Sono tante le frasi di uso comune in cui viene utilizzata: “avere fortuna negli affari”, “avere fortuna nei rapporti interpersonali”, “avere fortuna a carte”.

Ma cosa è la fortuna? Esiste davvero? Ed è vero che alcuni eventi fortunati sono spiegabili scientificamente. Molte espressioni che abbiamo analizzato durante l’incontro per capire se nel concetto di fortuna si può trovare una logica, ci hanno affascinato e coinvolto.

“Nessuno sa di essere fortunato fino a che non viene colpito dalla sventura”: chi meglio di un detenuto può cogliere fino in fondo il senso di questa frase? È vero che se commetti un reato sai che probabilmente prima o poi arriverà la condanna, ma è anche vero che la componente fortuna può giocare un ruolo importante nella vicenda processuale. Cioè molti sperano di farla franca, magari perché il reato viene prescritto, oppure perché a reati in recidiva viene applicata la “continuazione”, che in sostanza è uno sconto di pena, dal momento che tutte le pene inflitte precedentemente vengono accorpate e assorbite in un unico provvedimento dal momento che viene riconosciuto che il reato è sostanzialmente uno solo. Quindi, ad esempio, se il “continuato” viene riconosciuto sono fortunato, se non viene riconosciuto sono sfortunato…. Ma non è che siamo andati “fuori tema”? L’esito di una vicenda processuale e della successiva esecuzione penale può dipendere unicamente dalla fortuna o dalla sfortuna? La domanda ovviamente rimane senza risposta

“La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, e spesso prende anche la mira”, riporta un altro detenuto che racconta le sue vicissitudini giudiziarie. “Ogni volta che commettevo un furto o una rapina mi prendevano e mi sbattevano in galera, chi è stato più sfortunato di me?”. Forse questo detenuto non ha considerato che esistono le forze dell’ordine, che hanno il compito di arrestare i ladri: forse la sua sfortuna è stata la noncuranza nel lasciare prove, forse la fortuna dei poliziotti è stata l’abilità nel trovarle. Ma in questo caso si tratta davvero di fortuna? Se anche fosse così si vede come spesso la mia sfortuna è la fortuna di altri, o viceversa. Insomma forse il concetto di fortuna è davvero relativo, e ciò che considero fortuna oggi potrebbe essere sfortuna domani, o ciò che considero fortuna potrebbe essere valutato diversamente da altri il punto di vista fa sempre la differenza.

Se compro un biglietto della lotteria ed esce un numero immediatamente precedente o successivo a quello che ho in mano, io mi sentirò sfortunato, mentre qualcun altro gioirà per essere stato baciato dalla dea bendata. Spesso è questione di attimi, di trovarsi nel posto sbagliato all’orario sbagliato, e a volte solo per circostanze ci si ritrova in carcere a pagare il debito con la giustizia. Ma possiamo mettere sullo stesso piano il caso che determina una vincita alla lotteria con le storie che ci hanno portato qui? Fino a che punto ognuno di noi, con le sue scelte, è artefice del suo destino?

Mi ha particolarmente colpito una frase di Orson Welles “Nessuno ottiene giustizia. La gente ottiene solo fortuna o sfortuna”. Mi sembra che sia vero, il più delle volte. Chi subisce un reato può essere soggetto alla fortuna come chi lo commette. Nel caso delle vittime la fortuna è essere risarciti, nel caso del reo è rimanere impunito.

L’incontro mi lascia tante domande, senza risposta, o con risposte parziali. Quello che ho capito è che la “luna è variabile” e che la nostra vita è in parte determinata da elementi che non controlliamo; l’unico rimedio, forse, è farsi trovare pronti quando l’imprevisto, fortunato o sfortunato che sia, arriverà; così forse riusciremo, in un caso, a cogliere tutte le opportunità che la dea bendata ci offre e, nell’altro, a opporre ogni nostra risorsa personale alle situazioni ed agli eventi avversi.