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di Donald Sabanov

Nel carcere della Dozza di Bologna è stata istituita un’area dedicata al Polo Universitario, per permettere a detenuti, che cercano un proprio riscatto sociale a seguito degli errori commessi, di usufruire di una serie di servizi e facilitazioni allo scopo di semplificare l’accesso al mondo della cultura. Considerato da sempre elemento di crescita personale e di fondamento per una maturità morale ed etica, lo studio è, assieme al lavoro, l’elemento che più viene tenuto in considerazione all’interno di un percorso trattamentale, dà dimostrazione di aver intrapreso una riflessione critica sul proprio passato e sulle scelte sbagliate che si sono attuate. Sono molti coloro che, dopo aver deciso di intraprendere un percorso di studio, rimangono affascinati da tutto ciò che apprendono arrivando a rammaricarsi per non averlo preso in considerazione a suo tempo, quando avrebbe molto probabilmente dato una svolta diversa alla propria vita.

Collocato in una sezione con l’intento di ispirarsi all’idea del Campus americano, il Polo Universitario condivide gli spazi assieme alla squadra di rugby, altra attività che l’amministrazione penitenziaria tiene in considerazione quale percorso di rivisitazione delle dinamiche che hanno portato la persona ad una frattura con la società. All’interno della sezione è stata allestita una saletta corredata di una piccola biblioteca dove si possono trovare testi e dispense universitarie assieme ad altro materiale di consultazione per le proprie ricerche. Sono stati installati anche una fotocopiatrice multifunzione e computer collegati all’Università Alma Mater di Bologna, per poter ricevere informazioni relative ai docenti e alla didattica per la materia di studio di riferimento.

Ognuno è in possesso di una password per l’accesso alle varie funzioni e soprattutto a una propria pagina dove sono archiviati i vari dati personali (piano di studi, esami eseguiti, crediti maturati ecc.), oltre a una testata online nella quale sono presenti eventi e informazioni relative alle varie iniziative in ambito culturale. Ci sono diverse funzioni che dovrebbero essere attivate, secondo quanto ci è stato comunicato negli incontri fatti, come quella di poter ascoltare una lezione in streaming e poter interloquire con il proprio docente; funzioni che confidiamo possano essere attivate a breve.

Molti sono convinti che gli istituti di pena siano luoghi silenziosi e di tranquillità, dove chi intraprende un percorso di studi sia agevolato da una condizione ottimale per portarlo avanti con efficacia, ma è sufficiente trascorrere qui poche ore per capire che le circostanze non sono così favorevoli. Per questo motivo lo studio all’interno del carcere incontra varie difficoltà e risulta molto frammentato per via delle circostanze e dei diversi modi di vivere l’ambiente della detenzione. Fra i problemi più incalzanti vi è il rumore che crea difficoltà di concentrazione e che, in alcuni momenti, si fa eccessivamente intenso.

Trovo veramente importante essermi iscritto all’Università, e spero che un’ulteriore decisione per offrire maggiori opportunità a chi desidera intraprendere questo percorso, sia l’eliminazione del numero chiuso che impone il superamento di test di accesso su cultura generale e su alcune materie specifiche, test fortemente limitativo nel nostro caso dal momento che non abbiamo alcuna possibilità di partecipazione a lezioni e laboratori; mentre trovo sia estremamente importante per ognuno di noi detenuti avere accesso ad una cultura, non per poter un domani monetizzare ciò che si è intrapreso, ma per ricominciare a sentirsi come “cittadini liberi”.