Giovedì 7 maggio Michele Dessì ha presentato il suo libro Diario Metafisico di un Terrorista in un incontro live sulla pagina del Centro Donati – I care con Nicola Rabbi, direttore di Bandiera Gialla, e Riccardo Fiore, editore di Calamaro Edizioni.
Babu, il suo protagonista, è ignorante, bruttissimo e vuole diventare terrorista. È l’esempio classico dello stereotipo di molte false narrazioni sugli africani. Quelle di Babu sono le esperienze di tante altre persone: storie di fuga dalle guerre africane e dall’inferno libico, di viaggi nel Mediterraneo su un barcone, di sopravvivenza da diseredati in Europa e della via criminale che porta al terrorismo.
Ne abbiamo parlato con l’autore Michele Dessì.
Chi sei e qual è la tua storia?
Sono di Bologna, ho 36 anni suonati. Per anni ha fatto esperienza di teatro e di giornalismo. Dopodiché ho cominciato a occuparmi di sviluppo sostenibile e così, visto che l’unico lavoro manuale che ero in grado di fare era il cuoco, mi sono messo a lavorare. Ho pensato di spostarmi, di partire in primo luogo perché con i tagli alla cultura non avevo più modo di sopravvivere né come attore né come regista ma anche per il mio desiderio di fare nuove esperienze. Facevo parte di una compagnia di satira ma ho mollato tutto nonostante mi piacesse ciò che facevo.
Dove hai deciso di andare e come è stata la tua esperienza di espatrio?
Sono partito per l’Africa con una Ong e ci sono rimasto per sei mesi. Mi sono trovato molto bene. Successivamente sono finito a lavorare in un locale africano dove ero una sorta di manager bianco con proprietari che, come ho scoperto successivamente, facevano parte della “mafia locale”. Più precisamente, uno dei due soci faceva parte del partito di opposizione al governo della Tanzania. Me ne sono reso conto, forse un po’ troppo tardi, e sono dovuto scappare dalla città per vie traverse.
Insomma, tra alti e bassi, la mia esperienza africana è durata due anni. E’ stata comunque un’esperienza positiva e molto florida, al punto che sono tornato diverse volte in Tanzania e a Zanzibar, dove ho tuttora tantissimi amici.
Come è nata l’idea di scrivere il libro?
Quando sono cominciate le Primavere arabe ho ricevuto una chiamata per lavorare al Centro Mattei dove sono rimasto per due anni e mezzo. Grazie a quella esperienza con gli immigrati e al mio passato di sceneggiatore ho maturato l’idea del libro.
La scintilla scatenante, però, è nata dal sensazionale bombardamento dei media, in quel periodo, in merito al cosiddetto terrorismo islamico in Europa. Le notizie sull’afflusso dei barconi, l’utilizzo eccessivo e improprio della parola “terrorista” facevano crescere in me, sempre più, l’idea di creare un “terrorista su misura” da dare in pasto all’opinione pubblica, utilizzando quindi gli stereotipi e i luoghi comuni. Così è nato Babù, il cui nome significa “nonno” in swahili. Me lo sono immaginato come un bambino con la faccia da vecchio. Mi sono ispirato a una persona che avevo realmente conosciuto durante le mie esperienze di viaggio, tal dottor Chamis che aveva un volto indefinibile con lo sguardo vispo tipico dei bambini, un bellissimo sorriso sdentato e milioni, milioni di rughe che gli correvano lungo il volto.
Babu è africano, arriva in Europa col classico barcone e diventa un terrorista: ma da dove viene esattamente?
Non ho voluto dagli un luogo di origine preciso proprio perché per i media europei gli immigrati sono tutti uguali, tutti possibili terroristi quindi era un modo per giocare con ironia sui luoghi comuni.
Perché hai scelto la satira e come hai strutturato il tuo libro?
In parte perché il genere della satira fa parte della mia formazione come regista e anche per sdrammatizzare un tema invece molto importante quello della stigmatizzazione. L’idea era quella di dare un tono generale ironico e leggero.
Il libro è raccontato da due voci. Una è in prima persona e rappresenta il terrorista cattivo e senza speranza che pianifica l’attentato a Bruxelles. L’altra è, invece, in terza persona e ha il compito di raccontare il passato del protagonista in Africa, la sua infanzia e la sua metamorfosi.
Dove è possibile acquistare il “Diario Metafisico di un Terrorista”?
Sul sito ufficiale della casa editrice Calamaro Edizioni. Nelle eroiche librerie di Bologna aperte in questo periodo: Feltrinelli, Modo, Ulisse o anche Aldrovandi. Si trova anche su Amazon.
Per ascoltare alcuni estratti che Michele ha letto durante la presentazione è sufficiente recarsi al seguente link >>.