image_pdfimage_print

di Matteo Fusella/ Appuntamento in zona Cirenaica di Bologna in un edificio che all’entrata sembra un ambiente abbastanza asettico e neutrale ma che al di dentro si mostra colorato e vivace. Ci sediamo tutti a tavola, una grande tavola, siamo sulle 30 persone.

Il ragazzo seduto sulla mia destra, chiamato Bappi, è nato in Bangladesh. La ragazza di fronte a me, di nome Francesca, ha la madre di Venezuelana. Altri ragazzi di diverse culture sono presenti. Quella marocchina, quella rom, per nominarne un paio.
Per l’esattezza mi trovo a I Cortili del Villaggio. Si tratta di un centro giovanile, luogo aperto di pomeriggio per offrire ai ragazzi svago e sostegno didattico. Ha come missione tra l’altro di fungere come luogo di incontro interculturale.

Oltre a questo, ulteriori motivi ad aver dato vita a questo progetto, sono il fatto di volere sostenere i ragazzi e le ragazze del quartiere nell’ambito educativo, nella loro crescita personale ed emotiva e porre un forte senso di appartenenza dei ragazzi verso il quartiere.
Proprio cenare insieme in comunità, che sia tra i membri del centro o con visitatori, può aiutare ad alimentare un senso di far parte ad un luogo. Siamo stati invitati a cena per conoscere la realtà in questo centro. Bappi, di cui avevo accennato prima, mi ha detto: “Alcune volte faccio fatica a capire di chi faccio parte. In Bangladesh sono l’italiano, mentre in Italia sono il bengalese”.
Il ragazzo minorenne è nato in Bangladesh e ha vissuto i primi 5 anni della sua vita lì, la sua famiglia ha le origini nel medesimo luogo. Con i genitori si sono trasferiti poi in Italia. Lui ha ora anche la cittadinanza italiana. Si trova bene a Bologna e vorrebbe rimanerci. Quali sono i requisiti per essere definito appartenente a una certa cultura?

I Cortili intervistano gli universitari

TORNA ALL’INDICE