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Il Rapporto “Tra sanità ed assistenza sociale: una filiera da ricomporre. Evoluzione e ruolo del Terzo Settore in Italia”, appena pubblicato da Euricse, analizza il comparto in termini quantitativi, mostrando le differenze tra le diverse regioni d’Italia e altri Stati europei, con riferimento alla spesa e all’offerta di servizi, allargando il campo alla sanità, all’assistenza, e alla protezione sociale.

Lo studio, curato dal dott. Eddi Fontanari, nell’ambito dell’Accordo di Programma tra Euricse e la Provincia autonoma di Trento, si inserisce in un contesto di ripensamento e riqualificazione della filiera dei servizi sanitari e socioassistenziali in Italia e segue un filone di ricerca di cui Euricse si è occupato fin dalla comparsa della pandemia, portando avanti diverse riflessioni sul tema.

I dati presentati indicano il valore aggiunto dell’impegno di tutti gli enti di Terzo Settore nei diversi sistemi locali, e la capacità di queste organizzazioni di raccordare interventi di natura sanitaria con interventi di natura sociale

D’altronde, l’emergenza sanitaria ha svelato con forza che le dimensioni di cura e salute, di sanità e benessere sociale devono necessariamente condurre nel nostro Paese ad una riorganizzazione e a una valorizzazione della medicina territoriale che tenga insieme aspetti sociali e sanitari, facendo perno sulla persona e sui diritti dei cittadini. Le risorse stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentano, in tal senso, un’occasione unica per cercare di riprogrammare e riprogettare l’intera filiera. Non senza però inquadrare correttamente il ruolo di tutti gli attori coinvolti e operanti sul lato dell’offerta, tra cui gli Enti di Terzo Settore incluse le cooperative sociali, che operano nel settore sanitario e socio-assistenziale. Questi attori rappresentano un bacino produttivo ed occupazionale estremamente importante. 

Secondo i dati sul numero di dipendenti operanti in queste organizzazioni, l’Emilia Romagna si posiziona al terzo posto in Italia, con 115,0 lavoratori ogni 100mila abitanti, dopo la provincia di Trento (121,9) e la Lombardia (118,6) e precedendo il Piemonte (109,8) e il Lazio (106,1).

All’interno dell’intero macrosettore (sanità e assistenza), le attività socioassistenziali risultano quelle più sviluppate in un rapporto di 2 Euro ogni 3 generati dal non profit e con un conseguente minor peso della sanità, salvo alcune eccezioni come per esempio la Lombardia, il Lazio e la Puglia.

Questa differente rilevanza delle due attività è ben evidenziata a livello occupazionale, con il non profit che impiega in Italia più di 7 lavoratori dei 10 espressi dall’intero settore dell’assistenza sociale (e con un ruolo quindi fondamentale nell’offerta di tali servizi), a fronte di quasi 1 lavoratore ogni 10 nella sanità (5,2 sono garantiti dal pubblico).

Tra gli obiettivi principali della ricerca realizzata da Euricse vi è quello di concentrarsi sui mix produttivi dei sistemi sanitari e di welfare regionali, guardando in particolare alla presenza del privato rispetto al pubblico, soprattutto in un’ottica comparata tra for profit e Terzo Settore. 

Dalla lettura degli indicatori territoriali emerge la preferenza per una combinazione di offerta di servizi più bilanciata tra il pubblico e il privato non profit, che potrà essere sicuramente potenziata nei prossimi anni grazie al ricorso agli strumenti della coprogrammazione e coprogettazione – come previsto dall’art. 55 del Codice del Terzo Settore – nella regolazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e Terzo Settore nell’erogazione di servizi di interesse generale. 

Dalle evidenze emerse nel Rapporto, sarebbe questo un orientamento auspicabile per favorire la corretta integrazione tra le attività sanitarie e quelle socio-assistenziali in modo da creare un raccordo tra i due ambiti di intervento, potenziando di conseguenza la medicina territoriale e promuovendo così una vera e propria politica della salute.

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