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di Enzo Messina ed Igli Meta / La scorsa settimana all’interno della Casa Circondariale della Dozza è avvenuto qualcosa di straordinario. Per tre giorni di seguito è stato portato in scena uno spettacolo teatrale promosso dalla direzione dell’istituto in collaborazione con il Teatro del Pratello e il Teatro dell’Argine. L’eccezionalità dell’evento riguarda l’orario, le modalità e il luogo in cui si è tenuta questa rappresentazione teatrale.

Lo spettacolo è iniziato intorno alle ore 18:45. Orario questo che potrebbe non significare niente per chi è libero, ma per chi è recluso significa tanto, poiché a quest’ora nella quotidianità della vita dentro, tutte le attività sono terminate d i detenuti chiusi nelle loro celle.
Il palcoscenico è stato allestito all’aperto e non, come accade di solito, in un luogo chiuso. Questo ha dato la possibilità ad alcuni detenuti che sono richiusi da anni in carcere, di restare “fuori” in cortile in un orario inusuale, potendo quindi osservare il tramonto, senza le solite sbarre e grate.
Infine, come se non bastassero tutte queste novità, all’evento hanno partecipato, oltre ai detenuti, anche cittadini liberi che sono entrati in prigione di propria iniziativa per assistere allo spettacolo in un posto dove nessuno vorrebbe mai entrare.

La rappresentazione teatrale a cui abbiamo assistito noi detenuti del primo piano mercoledì scorso, è stato un monologo, recitato da un’unica attrice che ha impersonato contestualmente tre personaggi, la suocera, la nuora e la nipote, attraversando quindi tre generazioni diverse e toccando varie tematiche della vita di tutti i giorni.
I messaggi proposti erano tanti, ma uno su tutti è stato il sentimento dell’amore: amore verso i più deboli, amore verso gli anziani, amore per la propria famiglia, amore verso se stessi. Il testo si è soffermato molto su quest’ultimo aspetto, poiché se non si è capaci di amare, non si può nemmeno amare gli altri. Bisogna quindi accettarsi per quello che si è, riconoscendo di conseguenza anche i propri difetti; se no si vive in una condizione di disagio interiore, che ci fa soltanto del male. Per fare questo grande passo di consapevolezza ci vuole coraggio; in un primo momento forse si incontra disagio e sofferenza, ma dopo, sicuramente, si possono raccogliere i frutti e i benefici di questo piccolo, grande gesto.

Dopo poco più di un’ora, quando lo spettacolo è terminato, tutto il pubblico ha manifestato il proprio gradimento con un unanime applauso rivolto all’attrice che, oltre ad aver fatto emozionare in maniera evidente molti dei presenti, ha emozionato anche se stessa.
È stato un vero e proprio momento di evasione gradito da tutti i partecipanti, liberi e reclusi. E’ stata un’occasione per noi unica per rompere la monotonia che è propria di questi luoghi, soprattutto nelle ore serali. Ci fa davvero piacere che si stia facendo il possibile per applicare alla lettera il dettato dell’ordinamento penitenziario, che indica le attività culturali e i rapporti con la comunità esterna fra le possibilità per la rieducazione del condannato.
Il teatro rientra tra le attività culturali per eccellenza, poiché affronta alcune tematiche complesse in maniera affascinante e spesso divertente, raggiungendo così un’ampia fascia di reclusi che altrimenti sarebbe difficile da coinvolgere.