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di Emmei

Anche quest’anno la direzione della casa Circondariale di Bologna ha dato il via al progetto “scuola-carcere” consistente in incontri tra detenuti delle diverse scuole superiori di Bologna e provincia.
Gli studenti, accompagnati dai loro professori, invece di andare a scuola entrano in carcere ad affrontare una rara e particolare esperienza. Gli incontri avvengono nella sala cinema dell’istituto penitenziario dove una decina detenute e detenuti sono seduti davanti ad una platea di ragazzi.

C’è ansia e curiosità da parte degli adolescenti per sentire cosa diranno i reclusi i quali, a loro volta, sono emozionati e trepidanti. I detenuti cominciano a presentarsi uno alla volta raccontando ciò che li ha portati in galera, mettendosi a nudo; non è facile, ci vuole coraggio e consapevolezza. Gli alunni ascoltano attentamente le loro storie che sembrano tutte simili: ci sono ragazzi che hanno commesso reati per colpa della droga, anziani che sono dentro per reati fiscali e persone che non avrebbero mai pensato di entrare in carcere finché un giorno hanno commesso un grave delitto. Ciò che emerge da queste storie è che nessuno è immune da questi luoghi e che ci vuole poco per finire dentro. Cadono gli stereotipi che i giovani si erano creati sul carcere guardando i film americani, capiscono che anche chi è rinchiuso in questi posti è una persona normale come loro. Perché come diceva il fondatore della comunità Don Oreste Benzi: “L’uomo non è il suo reato.”

Una volta finiti i racconti personali arriva il momento delle domande da parte degli studenti. All’inizio tutti sono timidi ma ci vuole poco per rompere il ghiaccio e le domande non finiscono più, tanto che il tempo a disposizione non basta mai. Le richieste più frequenti sono: il primo impatto che si è avuto una volta entrati in carcere, cosa si mangia all’interno dell’istituto, come avviene la rieducazione, qual è il sogno una volta fuori dal carcere. I ragazzi sono molto sensibili, spesso si commuovono, non manca mai qualche lacrima da entrambe le parti. Nella sala sono presenti un ispettore della polizia penitenziaria e il responsabile dell’area educativa che intervengono per spiegare gli aspetti giuridici e le statistiche riguardanti l’ambito carcerario. Alla fine i giovani dichiarano le loro considerazioni sull’incontro e dalle loro parole emerge la solidarietà di queste nuove generazioni, quella solidarietà sancita dalla nostra costituzione come dovere civico, che deve essere praticata dai buoni cittadini. Le persone che hanno commesso crimini si mettono in discussione, si aprono al confronto cercando di costruire un ponte con i ragazzi che rappresentano la società esterna.

In effetti questi sono progetti che aiutano a riflettere sia per gli studenti tramite l’incontro con noi che abbiamo sbagliato ma che siamo persone che sperano di riconquistarsi una vita , sia per i detenuti, perché li spingono a un percorso di risocializzazione e reinserimento nella società. Bisognerebbe davvero investire e incentivare maggiormente simili progetti all’interno del penitenziari e delle scuole del nostro territorio nazionale, allo scopo di rendere più solidali le relazioni umane tra le persone detenute e quelle libere.