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Riceviamo e pubblichiamo.

Stiamo attraversando una crisi senza precedenti che ha messo in luce trasformazioni profonde già in atto nel tessuto sociale e ci ha mostrato una città più povera e fragile. Donne, anziani, migranti, giovani, lavoratori e lavoratrici (a partire dai precari), famiglie senza più una fonte di reddito, persone con un lavoro in nero: il loro futuro dipende dalle scelte politiche che si compiranno per contrastare le diseguaglianze che percorrono le nostre città.

Ogni giorno negli spazi che gestiamo, nei progetti di accoglienza e assistenza che promuoviamo, nei luoghi di lavoro, nelle lotte per i diritti e nelle pratiche di solidarietà e mutualismo che sperimentiamo ci prendiamo cura della comunità in cui viviamo, intercettando bisogni, aspettative e desideri di chi abita la città e il territorio e provando a rendere visibile ciò che cresce ai margini, per dargli spazio e voce.  

Siamo associazioni, organizzazioni di volontariato, movimenti e gruppi di cittadini, realtà provenienti dal mondo del lavoro, della cooperazione, della società civile,  della cura e della cultura che rappresentano un patrimonio umano, sociale ed economico, di intelligenze, fondamentale per il benessere della collettività e che vogliono contribuire a disegnare la città che verrà, attraverso l’esercizio di poteri e responsabilità nelle politiche pubbliche. 

Questo il senso della partecipazione da più parti invocata nel dibattito di queste settimane che vogliamo provare a interpretare: favorire la crescita di un’azione collettiva intorno a proposte concrete e urgenti di azione pubblica, costruendo un’agenda di proposte e soluzioni da agire nel prossimo futuro.

Tante le priorità sulle quali ragionare aprendo un percorso di confronto e discussione che avrà forza solo se sarà capace di aggregare le tante realtà che in questi anni hanno sperimentato pratiche di cittadinanza attiva, azioni collettive per rivendicare diritti e prendersi cura dei beni comuni, progetti per sostenere chi è più in difficoltà. Soggetti differenti per storia e modi di agire, che condividono un’idea di città equa e giusta, solidale e accogliente, femminista e intergenerazionale, rispettosa di ogni diversità, ma soprattutto che hanno scelto da che parte stare. Non crediamo alle posizioni neutrali né alle vie di mezzo: quando si affrontano temi essenziali per la vita di una comunità, in tempi così inediti e complessi, la parte che si sceglie fa la differenza.

Ci interessa aprire un confronto sul futuro degli spazi culturali e sociali, su come sostenerli in questa fase di chiusura forzata che ne minaccia la sopravvivenza, e sul ruolo che potranno svolgere nella città da ricostruire. Così come dimostrato nel pieno dell’emergenza sanitaria, dove molti di questi luoghi hanno rappresentato i centri nevralgici nei quali si sono organizzate le risposte del volontariato e del civismo, ogni spazio di socialità, di aggregazione e di cultura è un patrimonio di tutta la collettività, che va riconosciuto e valorizzato.

Una componente essenziale di un welfare di prossimità sul quale crediamo sia fondamentale investire per contrastare le povertà che crescono intorno a noi.  Le mense che faticano a far fronte alle richieste di pasti che si sono moltiplicate durante negli ultimi mesi ci raccontano di un disagio crescente e della necessità di agire in modo più coordinato e radicale per rispondere alla povertà e per dare nuove opportunità di autonomia e riscatto a chi è stato sospinto ai margini da questa pandemia. Non bastano interventi emergenziali, serve lavoro di qualità, servono politiche pubbliche sulla casa, servono più risorse destinate a chi è finito in terra ma serve anche una rete sociale – fatta di luoghi e persone – capace di includere e accogliere, di non lasciare indietro nessuno. Con un’attenzione particolare agli anziani, alle persone con disabilità, ai bambini e agli adolescenti (i più colpiti da questa crisi) per contrastare solitudine e povertà educativa.

In ultimo il tema del lavoro. L’emergenza climatica e la transizione digitale vanno affrontate attraverso una co-progettazione con la rappresentanza organizzata del mondo del lavoro; va rilanciata la lotta alla precarietà e al lavoro sottopagato, così come tutelate quelle fasce di lavoratori che sfuggono alle tradizionali categorie contrattuali (vedi alla voce lavoratori della cultura). La difesa dei posti di lavoro – e in modo particolare dell’occupazione femminile – può passare dalla diffusione di pratiche di riduzione dell’orario di lavoro, anche investendo sulla formazione delle persone che lavorano dentro un processo di riqualificazione professionale di fronte alle sfide della transizione digitale. La centralità delle lavoratrici e dei lavoratori si può affermare con la diffusione della contrattazione collettiva, strumento di crescita salariale, difesa delle condizioni di lavoro e di sperimentazione di nuovi diritti. Va infine affrontato anche a Bologna il tema dell’intervento pubblico in economia, anche alla luce della crisi di un pezzo del capitalismo familiare del territorio.

Lavoro, spazi, povertà e nuovo welfare sono le priorità intorno alle quali vorremmo condividere riflessioni e proposte che possano far parte del prossimo programma di governo.  Essere protagonisti, in tante e tanti, costruire oggi uno spazio comune di discussione per contribuire alla co-progettazione delle politiche sociali e culturali di domani, per essere soggetti attivi del governo della città. Per costruire insieme un Manifesto condiviso per il governo della città.

Per info e adesioni:

Per chi vuole condividere con noi il percorso, invitiamo tutte e tutti ad aderire scrivendo a ufficiostampa@arcibologna.it e a partecipare all’assemblea pubblica cittadina che si terrà il 14 gennaio sulla piattaforma Zoom.

Primi firmatari:
Arci Bologna, Cucine Popolari – Social Food, Fiom-Cgil Bologna, Associazione YaBasta! Bologna, Auser Bologna, Piazza Grande, Cantieri Meticci, Circolo Arci Brecht, Portico della Pace, Next Generation, Fondazione Grameen.