Martedì 15 giugno i volontari e le volontarie di Greenpeace hanno allestito un punto informativo davanti alla Pam in via Marconi per puntare l’attenzione sul nostro sistema di produzione di cibo e chiedere l’abbandono del sistema degli allevamenti intensivi.
Attraverso dei “carrelli parlanti”, gli attivisti hanno mostrato le conseguenze ambientali e sanitarie della zootecnia intensiva, mentre con dei finti spot promozionali hanno invitato a scoprire le “offerte sconvenienti” del sistema degli allevamenti intensivi.
“La produzione intensiva di carne è uno dei principali motori di deforestazione e perdita di biodiversità, due importanti fattori di rischio per il verificarsi di epidemie, perché possono favorire nuovi salti di specie (spillover) di virus e batteri dagli animali agli esseri umani. Negli allevamenti intensivi, inoltre, tanti animali sono costretti a vivere in spazi ristretti: un ambiente ideale per il proliferare di agenti patogeni come i coronavirus e i virus dell’influenza. Anche se non compare in etichetta, il rischio di nuove epidemie è un prezzo troppo alto da pagare per continuare a produrre sempre più carne a basso costo”, dichiara Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.
Greenpeace chiede al governo di usare i fondi pubblici per accompagnare una transizione ecologica del settore, sostenendo economicamente le aziende che producono su piccola scala e gli allevatori che intendono uscire dal modello intensivo riducendo anche il numero degli animali allevati. Questo dovrebbe essere un pilastro delle politiche agricole che l’Italia è chiamata ad adottare entro dicembre 2021. La scorsa settimana gli attivisti di Greenpeace sono riusciti ad incontrare il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli, che si è mostrato favorevole al confronto sulle proposte dell’associazione per superare il problema posto dagli allevamenti intensivi italiani.
Per sostenere le richieste di Greenpeace si può firmare questa petizione >>