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La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per il 25 novembre, nella speranza che la lunga scia di sangue possa presto iniziare a sbiadirsi. Nell’occasione le sezioni A e B del penale della Casa Circondariale Rocco D’Amato di Bologna con una raccolta fondi hanno voluto confermare il proprio impegno nel dar voce alle donne vittime della violenza e nel migliorare la normativa sulla prevenzione e sul monitoraggio del fenomeno. Il frutto della colletta è stato consegnato a MondoDonna onlus.

La violenza sulle donne ha raggiunto livelli inaccettabili: dal 1° gennaio al 20 novembre 2022, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, sono stati registrati 104 femminicidi, di cui 88 avvenuti in ambito familiare o affettivo.
Le donne non possono più aspettare. Servono misure urgenti e più efficaci, per dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, che resta ancora oggi il faro contro ogni forma di violenza sulle donne.
Essendoci confrontati sul tema possiamo affermare che crediamo che per eliminare la violenza non bastano norme repressive, ma servono azioni e interventi decisi, volti ad eliminare lo squilibrio nei rapporti di potere tra donne e uomini, gli stereotipi di genere, le disparità e la segregazione delle donne, nel lavoro, nell’istruzione, nella formazione.

Oggi l’informazione è focalizzata sugli episodi di cronaca nera che mettono in primo piano i fatti piuttosto che le persone. Allo stesso modo spesso i media continuano a fare l’errore di parlare di diversità in modo paternalistico, pietistico, o peggio ancora, sensazionalistico, come se la donna fosse una minoranza da proteggere.
Il mondo ci richiede per lo più di essere duri per sopravvivere, di essere quasi spietati, di non guardare in faccia nessuno. E invece proprio in un mondo così c’è solo una forza in grado di aiutarci a cambiare le cose, che potrà farci invertire la rotta, e a gonfiare le vele della nave con cui affrontiamo il mare della vita. Questa forza si chiama gentilezza. La forza della gentilezza, ed il suo valore sono alla base di ogni cambiamento positivo, stabile e duraturo. “La gentilezza – diceva Goethe – è la catena forte che tiene legati gli uomini”.

Un errore è quello di ritenere che la questione della parità dei diritti e delle opportunità tra donne e uomini sia stata risolta. A tante leggi, anche importanti, troppo spesso non corrispondono fatti concreti. La prima cosa a cui pensiamo, e con angoscia, è il dramma dei femminicidi, che misura un problema culturale profondo della nostra società. Troppo spesso le persone che godono della libertà si scordano di alzare gli occhi dal cellulare per fermarsi a osservare ciò che gli sta intorno, riflettendo su come possono essere attori di civiltà a salvaguardia delle nostre comunità e del prossimo.

Proprio per questa diffusa indifferenza nella società fuori, noi, persone private della libertà personale, pensiamo di essere chiamati a fare, nel nostro piccolo, la nostra parte. La nostra è quindi una battaglia di civiltà a sostegno delle azioni rivolte a tutela delle donne che subiscono abusi e violenze. Monitorare la violenza di genere è ancora oggi un compito difficile. Conoscere il fenomeno è essenziale per fare emergere una violenza solitamente invisibile e per strutturare modalità di intervento appropriate. Dobbiamo lavorare ancora molto perché ogni donna possa scegliere davvero liberamente la propria vita, il proprio ruolo nella società, a seconda delle proprie aspirazioni e capacità.