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di Alex Frongia / L’ordinamento penitenziario ricomprende fra le attività rieducative anche lo sport.
Io, come gli altri detenuti che si trovano ristretti nella sezione penale della casa circondariale di Bologna, ho il privilegio di potermi allenare quotidianamente in palestra, posso frequentare ogni giorno il campo di calcio dalle misure quasi regolamentari e quello di beach volley.
Della palestra si può usufruire 6 giorni su 7 eccetto la domenica, sia la mattina che il pomeriggio. Come istruttori si sfruttano le competenze professionali di alcuni detenuti che praticano il fitness da più anni e che hanno veri e propri programmi di allenamento.
In più è anche possibile fare lezioni di boxe unite all’attività fisica mirata, grazie alla disponibilità di un detenuto maestro in questa disciplina sportiva.
A coronamento della settimana sportiva, la domenica alla sezione penale si disputa l’immancabile partita di calcio, braccio A contro braccio B. E’ un vero e proprio derby all’ultimo respiro, perché nessuno dei partecipanti vuole rientrare in cella sconfitto e canzonato con sfottò fino all’ingresso nella sezione. Nonostante le apparenze è però un modo per sentirsi più uniti ed è un sano svago per ingannare i noiosissimi pomeriggi domenicali.

Valutata positivamente la realtà che vivo come detenuto del penale, non posso non dolermi del fatto che le stesse opportunità non sono offerta a tutte le sezioni, a causa del fatto che sono prive di palestra e possono usufruire del campo una sola volta a settimana.
Nel carcere di Bologna è stato realizzato un progetto che ha visto la costituzione di una squadra di rugby che partecipa anche a un campionato, impegnando diversi detenuti con allenamenti e competizioni che rappresentano senz’altro un fattore positivo nel percorso detentivo. Strano invece che manchi una squadra di calcio. Mi chiedo infatti come mai, in un Paese come il nostro nel quale il campanilismo calcistico è pressoché religione di stato, non ci sia in ogni istituto una squadra di calcio. A mio modesto parere la rappresentativa calcistica del carcere potrebbe fungere da elemento educativo, da stimolo per accrescere la sportività e lo spirito di appartenenza, dando sfogo alle tensioni che il carcere comunque crea.
La mia speranza è che nel prossimo futuro si possano potenziare le attività sportive per tutti i detenuti perché, anche in carcere, deve vigere la regola del “mens sana in corpore sano”.