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di Alex Frongia /Sono Alex, ho 30 anni e sto scontando una pena ostativa, che cioè non prevede l’accesso alle misure alternative alla detenzione.
L’ordinamento penitenziario prevede che coloro che, come me, hanno commesso un reato con pena ostativa, siano soggetti a un regime detentivo più restrittivo; ad esempio possiamo usufruire di due sole telefonate mensili, diversamente dalle quattro che vengono riconosciute ai detenuti comuni. Ciò rende ancor più difficile coltivare rapporto affettivo con i propri cari all’esterno, nonostante lo stesso ordinamento penitenziario preveda che debba essere accordato un particolare favore ai colloqui anche telefonici.

Si è parlato molto, durante la pandemia di covid-19, di ampliare il contatto dei detenuti con le persone care, aumentando il numero delle telefonate, anche per contrastare l’aumento dei suicidi in carcere. Qualche telefonata in più potrebbe alleviare il senso di abbandono e di isolamento e aiutare il detenuto a essere più presente nella vita delle persone a cui vuole bene, e a non sentirsi emarginato o escluso dalla quotidianità della propria famiglia.

La limitazione a due sole telefonate mensili per i detenuti che hanno commesso reati ostativi, deriva dalla presunzione che il detenuto possa comunicare con l’organizzazione di appartenenza: si tratta quindi di una limitazione che risulta priva di logica oltre a essere contraria al principio costituzionale della presunzione di innocenza. I familiari dei detenuti sono infatti spesso persone incensurate e per questo innocenti a tutti gli effetti; e per quanto riguarda la pericolosità dei contatti con l’esterno il buon senso suggerisce che anche una sola telefonata sarebbe sufficiente per pianificare eventuali reati. Non è evidente che anche le sole due telefonate concesse, se il presupposto della sicurezza fosse vero, potrebbero costituire un grave pericolo per la collettività?
Oppure forse è proprio vero che, al di là delle apparenti buone ragioni, il limite alle telefonate ha come unico fine quello di rendere più afflittiva la pena di chi si è macchiato di reati poco graditi all’ordine dello Stato italiano.