image_pdfimage_print

di Filippo Milazzo/Non tutti i detenuti riescono a riflettere su un tema così difficile e profondo come quello della giustizia ripartiva, su cui c’è molta disinformazione. Personalmente credo che si tratti di un percorso che dovrebbe coinvolgere in primo luogo chi di noi è arrivato, col suo reato, a togliere la vita a una o più persone.

Anche in questo periodo di chiusura ho cercato di leggere e tenermi informato, e su Ristretti Orizzonti ho trovato diversi spunti sull’argomento; credo che in particolare il loro progetto di incontro fra studenti e persone detenute sia un’opportunità di confronto che può favorire l’avvio di percorsi di giustizia riparativa.

Penso anche che tutto debba partire da una profonda riflessione personale che prepari all’incontro con l’orizzonte della vittima, con l’obiettivo della ricerca di una riconciliazione che coinvolga attivamente entrambe le parti. E forse proprio qui sta il problema, e cioè che non sempre le vittime o i loro parenti se la sentono di intraprendere percorsi come questi. Io dopo tanti anni sento il desiderio di riconciliarmi con le persone a cui ho fatto del male, ma per ora non sono riuscito ad aprire alcun tipo di contatto con loro. Infatti, senza un valido supporto di persone esperte, è difficile che le situazioni si compongano naturalmente. Entrambe le parti devono essere aiutate nel cammino.

Ricordo quanto mi ha colpito l’incontro con Marisa Fiorani, la mamma che non solo ha perdonato gli assassini di sua figlia, ma che negli anni ha frequentato gli istituti di pena per portare la sua testimonianza a chi, come noi, ha commesso reati anche molto gravi. Ricordo che rimasi impietrito e che il suo racconto mi ha aiutato a rileggere la mia storia e gli errori che ho commesso. Adesso desidero davvero una vita migliore per me, ma anche per tutte le persone che ho incontrato sul mio cammino, e soprattutto per quelle a cui ho provocato sofferenza e dolore.