image_pdfimage_print

di Alex Frongia / Con la legge 26.07.75 n. 354 che istituiva l’Ordinamento penitenziario e con l’art. 103 del regolamento di esecuzione venne prevista la liberazione anticipata per i detenuti che tengono una “buona condotta”. Dai 20 giorni a semestre inizialmente previsti si è passati con la legge 663/1986 a 45 giorni di liberazione anticipata, per ogni semestre di pena espiata. Se tutto va bene, quindi, per ogni anno di detenzione, chi si comporta regolarmente può fruire di uno sconto di pena di tre mesi.
Per sancire la buona condotta viene considerata l’assenza di rapporti disciplinari e la partecipazione ai diversi percorsi lavorativi e trattamentali all’interno dell’istituto penitenziario. E’ uno strumento premiale creato tanto per incentivare la risocializzazione del detenuto quanto per limitare le azioni violente all’interno delle carceri dopo il periodo nero delle rivolte e dei morti ammazzati a causa delle faide criminali.

In linea con questi obiettivi fu altresì sostituita nelle norme la formula del “può essere concesso” con quella maggiormente prescrittiva del “è concesso”, che in qualche modo prevede l’automaticità del riconoscimento in presenza delle condizioni sopra richiamate.
Ma nei fatti così non è perché, come nel caso del carcere cli Bologna e di tutti gli altri istituti dell’Emilia Romagna che dipendono dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna, l’attesa per la concessione dei “giorni” può durare anche anni.
Ci sono casi in cui ai detenuti con pena molto lunga viene concessa la liberazione anticipata solo poco prima del termine, mentre a quelli con fine pena più breve la liberazione anticipata viene concessa solo dopo numerosi solleciti degli interessati e dei loro avvocati.
Spesso i “giorni”, che vengono computati come pena espiata, vengono riconosciuti ben oltre i termini in cui il detenuto potrebbe fruire delle misure alternative alla detenzione, e questo determina di fatto un’inutile permanenza in carcere di chi potrebbe espiare la pena anche all’esterno.

Il numero esiguo di funzionari addetti alle cancellerie del tribunale di sorveglianza e l’insufficiente atavica carenza di organico nella Pubblica Amministrazione è senz’altro una delle cause di questi ritardi, ma nessuno considera quanto il problema incida sulle aspettative e sullo stato emozionale dei detenuti.
Infatti la concessione del beneficio premiale della liberazione anticipata può avere un effetto particolarmente sensibile, seppur non valutabile oggettivamente, sulla psiche del detenuto. Vedersi accorciato il termine del fine pena può essere un fattore di ricarica emotiva che spinge le persone detenute a perseguire sempre con maggiore lena l’obiettivo di partecipare all’opera di rieducazione e di continuare nei percorsi rieducativi.
In caso contrario il detenuto si sente abbandonato e privato dei suoi diritti, con reazioni negative di isolamento, alienazione e disperazione che, in alcuni casi, possono portare al suicidio, come i tragici numeri testimoniano ogni anno in maniera crescente.