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di Fabrizio Pomes / Al silenzio generale sulle condizioni di vita nelle carceri fanno eccezione le boutade del sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, con delega alla Polizia penitenziaria, Andrea Delmastro Delle Vedove. Lo stesso, che ha detto che la sua delega non riguarda i detenuti, non perde occasione per accanirsi contro di loro.

L’ultima esternazione durante la presentazione del mezzo blindato in dotazione al Gruppo operativo mobile della Polizia penitenziaria per le traduzioni degli imputati di Alta sicurezza e 41bis. Con fare sprezzante ha dichiarato che “non lasciare respiro ai detenuti è un’intima gioia”. Espressione di una gravità inaudita ma che non meraviglia perché, all’interno di un disegno politico più complessivo, fa il paio con il combinato disposto di operazioni che mirano a cancellare i diritti e le legittime e civili forme di protesta. Tanto il DDL Sicurezza quanto il Decreto “svuota-carceri”, in uno con l’obbligatorietà imposta dal DAP della divisa agli agenti di polizia penitenziaria estesa anche negli Istituti penali minorili, sono sintomatici di un’affermazione di un diritto penitenziario coniugato in maniera afflittiva e non rieducativa.
Delmastro, con queste aberranti affermazioni, ha smentito quanto ha da sempre sostenuto circa il garantismo nei processi e il giustizialismo nell’esecuzione penale. Non ha considerato infatti che tanti detenuti al 41bis e in AS sono in attesa di giudizio e in carcere solo perché per quei reati è prevista una presunzione assoluta di colpevolezza. Nonostante alcune minoritarie affermazioni compiaciute sui social da parte di alcuni agenti, lo stesso ha messo in difficoltà anche l’intero corpo della Polizia penitenziaria, che ha come motto “Despondere spem munus nostrum” che significa “Garantire la speranza è il nostro compito”.

L’unico esito accettabile sarebbe allora che il sottosegretario rassegnasse le dimissioni perché non può recitare un ruolo istituzionale e non vuole e non può mettere in atto il dettato costituzionale dell’art. 27 che mira alla rieducazione e risocializzazione del condannato.
In un Paese civile sarebbe la politica a chiederle mentre in Italia, invece, gli unici a porre il problema sono stati i garanti, Antigone, gli avvocati penalisti alla cui categoria Delmastro appartiene. Per il resto silenzio. Non se ne parla in TV e sui giornali, a parte qualche blog, e tra qualche giorno sarà solo l’ennesima pagina nera scritta dal Governo Meloni, la quale ha commentato: «Dov’è lo scandalo?». Basti pensare che il dott. Vespa, nella sua striscia quotidiana di 5 minuti di puro servilismo, nell’intervista al ministro Nordio non ne ha fatto proprio menzione a non voler smentire una carriera da scendiletto dei potenti.

Ma, caro sottosegretario Delmastro, noi detenuti abbiamo grande rispetto della vita e della dignità di tutti e non auguriamo la galera a nessuno. Piuttosto, semmai dovessimo vederla in quella macchina blindata, preferiremmo dedicarle una bellissima canzone scritta da Biagio Antonacci e cantata da Mietta e Nuti, dal titolo Lasciamoci respirare.