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di Kolgjokaj Indrit / Una persona viene arrestata perché ha commesso un reato per il quale, secondo il codice penale, è previsto che debba essere privato della libertà personale e portato in carcere. La galera, questa sconosciuta, vive nell’ombra perché nessuno, a meno che non sia stato detenuto, sa cosa nasconde. E allora sento l’esigenza di fare un po’ di chiarezza e di dare trasparenza alla luce della mia seppur breve esperienza di un anno di detenzione.

La prima immagine che mi si è parata davanti al momento del mio ingresso in Istituto è stata quella di una grande confusione, con gli assistenti della polizia penitenziaria che correvano lungo i corridoi con pacchi di carte da consegnare ai vari uffici o da portare da una sezione detentiva all’altra. Ho scoperto poco dopo che si trattava delle famigerate “domandine” che sono l’unico strumento con il quale il detenuto si rapporta con l’Amministrazione penitenziaria per qualsivoglia richiesta. È inutile sottolineare che all’interno di questa gran quantità di carte molte volte le domandine vengono anche perse o cestinate, e ciò penalizza i detenuti costretti ad attendere tempi biblici per ottenere risposta o a inoltrarle periodicamente. Inoltre il giro di queste carte nei diversi uffici richiede giorni e a volte settimane, e quindi è sempre dietro l’angolo il rischio che le risposte arrivino quando non servono più. E allora mi chiedevo se fossi per incanto tornato indietro negli anni come capitato a Troisi e Benigni in un famoso film, e che il 2024 con la tecnologia e l’intelligenza artificiale fossero solo speranze futuristiche.

In sintesi questa mia riflessione mira a sottolineare che la modernizzazione del sistema carcerario è essenziale per garantire che le carceri siano in grado di svolgere efficacemente il loro ruolo nel mantenere la sicurezza pubblica, nel rispettare i diritti umani e nel favorire il reinserimento sociale dei detenuti.
L’utilizzo di moderni sistemi tecnologici all’interno delle strutture carcerarie può contribuire significativamente a ridurre l’isolamento dei detenuti e a migliorare la loro qualità di vita. Le tecnologie come le video chiamate e le comunicazioni via Internet dovrebbero essere liberalizzate in numero e durata, potendo consentire ai detenuti di mantenere i legami con i loro cari e la comunità esterna. Questo potrebbe aiutare a ridurre l’isolamento sociale e a promuovere il sostegno emotivo durante il periodo di detenzione.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione potrebbero offrire opportunità di istruzione e formazione online ai detenuti, consentendo loro di acquisire competenze utili per il reinserimento sociale e professionale una volta rilasciati.
Le tecnologie digitali e l’utilizzo dei PC connessi ad internet consentirebbero ai detenuti di accedere a risorse educative, culturali e ricreative come ebook, riviste digitali, corsi online e programmi televisivi educativi, contribuendo a mantenere alta la motivazione e a stimolare l’apprendimento e l’interesse per nuove conoscenze.
Il cablaggio dell’Istituto consentirebbe anche di poter ricorrere alla telemedicina che può essere utilizzata per fornire servizi sanitari alle persone private della libertà senza la necessità di spostamenti fisici, migliorando l’accesso alle cure mediche e riducendo il rischio di trasmissione di malattie all’interno delle strutture carcerarie.
L’installazione di sistemi tecnologici come le telecamere di sorveglianza, i sensori di movimento e i dispositivi di rilevamento potrebbero migliorare la sicurezza all’interno delle carceri senza aumentare l’isolamento dei detenuti, supportando la prevenzione di situazioni di pericolo e favorendo la gestione delle emergenze.

Concludo auspicando per il prossimo futuro l’utilizzo responsabile di moderni sistemi tecnologici, che può contribuire a creare un ambiente carcerario più umano, connesso e sicuro, riducendo al contempo l’isolamento sociale dei detenuti e promuovendo il loro benessere complessivo durante il periodo di detenzione.