di Padre Marcello Mattè/“Despondere spem est munus nostrum”. È il motto della Polizia penitenziaria – la presenza ampiamente più numerosa tra gli operatori degli istituti di pena nonché la voce che assorbe i due terzi del budget destinato al DAP. “Despondere”: ovvero assicurare, garantire, mantenere viva la speranza rafforzandone il fondamento. Dovrebbe indicare la missione dell’intero sistema penale.
Rispondendo al dettato della nostra bella Costituzione, la funzione del carcere come forma più
comune della pena, è “quella di contribuire alla trasformazione degli individui, e in questo senso … è richiesto un di più di “umanità”, non solo agli operatori del carcere, ma a tutta la società. Se non è la società a chiederlo, il carcere non cambia.
Papa Francesco disse….
Papa Francesco, a Regina Coeli, ebbe a dire: “Non si può concepire una casa circondariale come
questa senza speranza. Qui, gli ospiti sono per imparare o fare crescere il “seminare speranza”: non c’è alcuna pena giusta – giusta! – senza che sia aperta alla speranza. Una pena che non sia aperta alla speranza non è cristiana, non è umana! … Seminare speranza. Sempre, sempre. Il vostro lavoro è questo: aiutare a seminare la speranza di reinserimento, e questo ci farà bene a tutti. Sempre. Ogni pena dev’essere aperta all’orizzonte della speranza”.
Un carcere prevalentemente afflittivo non è né civile, né umano e nemmeno “italiano” perché non
risponde a quanto abbiamo sottoscritto nel patto fondamentale della nostra cittadinanza.
L’etimologia greca delle parole diavolo, diabolico, indica qualcuno o qualcosa che divide. Trovo che l’amministrazione della giustizia porti in sé qualcosa di diabolico, qualcosa che la divide, che la rende schizofrenica quando si prefigge di educare al futuro, ma è ingessata sul passato, quando ha per obiettivo il reinserimento e lo persegue con l’isolamento, è chiamata a favorire l’inclusione e vuole assolvere il compito attraverso l’esclusione e la reclusione.
Non lasciare che il passato neghi il futuro
Non si può camminare in avanti guardando indietro. Non si costruisce futuro limitandosi a sentenziare il passato. Certo, il passato criminale è pesante e nessun futuro può essere fondato senza tenerne conto. In questo senso la giustizia se non è riparativa in ogni sua forma non è giustizia.
Un carcere prevalentemente punitivo risponde a logiche di vendetta che contraddicono il nostro senso civile e, peraltro, non possono né vantare né promettere maggiore sicurezza per tutti.
Rispondere al male infliggendo altro male non risponde alla vocazione alta della giustizia e rinforza il circolo vizioso del male. E non risponde nemmeno al grido delle vittime, che soltanto la logica perversa dell’audience e del consenso elettorale svilisce in sete di vendetta. Le vittime sono d’animo ben più nobile delle nostre narrazioni semplificatorie e domandano umanità, non disumanità.
L’esecuzione penale non ha di mira la colpa, ma la persona. E nessuno può venire identificato con la propria colpa né col proprio passato. Vocazione del carcere, come di ogni altra istituzione (scuole, ospedali, tribunali…), è quella di “mantenere viva la speranza rafforzandone il fondamento”.
Il fondamento risiede nella possibilità riconosciuta a ciascuno di essere diverso, di riscattarsi dal passato e progettare un futuro di bene. Quando incateniamo le persone al proprio passato finiamo per essere tutti dei pre-giudicati.
Una pena che vuole soltanto punire la colpa è uno spreco di risorse e di umanità, perché non rende migliore né chi la subisce né chi la impone.
Solamente passando dal dito puntato contro la colpa alla mano tesa per l’assunzione di responsabilità vale la “pena” di limitare la libertà per portare a rivedere il proprio passato.
Non è una discarica sociale
La salute mentale, insieme alla tossicodipendenza, sono le condizioni che più di altre palesano la finalità, inconfessabile ma reale, del carcere come “discarica sociale”.
Non è saggio né utile scaricare tutto sul carcere, tanto meno pensare il carcere come una discarica sociale. La cultura dello scarto è una cultura de-sperata. Altrettanto, un carcere che scarica la tutta la responsabilità sul colpevole, lasciandolo da solo, non aiuta né il condannato né il popolo italiano, in nome del quale è stata emessa la sentenza, ad assumersi la responsabilità di costruire un futuro responsabile. Possibile solo insieme.
Da discepolo di Gesù so bene che non mi salvo da solo e ricevo la salvezza come un dono. Da cittadino di questa Bella Italia sono certo che nessuno si salva da solo. Non chi ha sbagliato senza di noi, ma nemmeno noi facendo a meno di loro.
Non mi riconosco in sentenze di condanna, pronunciate in nome del popolo italiano, che “scaricano l’intera responsabilità” sul condannato. Mi sento parte di un popolo maturo che nel momento in cui priva un suo cittadino della libertà si assume la responsabilità di porre le condizioni perché quel cittadino possa tornare libero nella società, cioè capace di assumersi la responsabilità con me del bene comune. Speranza per lui, speranza per noi.
Speranza?
L’esecuzione penale ha tra i suoi obiettivi quello di disporre garanzie di un futuro più sicuro e sereno per i cittadini, in questo senso despondere spem a favore di chi lo costruisce nella fatica quotidiana, rinunciando alla seduzione della scorciatoia criminale.
Ogni condannato è accompagnato – e troppo spesso confinato – da un fascicolo. Ognuno di questi
fascicoli è il registro di un passato dannoso. Quando in copertina si trova scritto “Fine pena mai” anche il futuro è censurato. E gli incensurati non stanno meglio.
A Casa Corticella, iniziativa resa possibile dalla generosità della comunità parrocchiale dei santi Savino e Silvestro e della Chiesa di Bologna, uno dei progetti attivi grazie alla collaborazione dell’azienda Frati&Livi si occupa del recupero e del restauro di fascicoli e volumi danneggiati dal tempo e dalle intemperie.
Ci piace pensare che quelle tre persone che escono ogni giorno dal carcere per venire a lavorare
con noi, mentre sono occupate a togliere polvere e fango dagli archivi di un passato danneggiato,
stiano spolverando e pulendo il loro passato così che insieme agli archivi della storia trovino loro
stessi un futuro alla loro storia.





