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di Fabrizio Pomes / Il giorno tanto atteso era finalmente arrivato per me che avevo trascorso gli ultimi sei anni dietro le fredde sbarre del carcere. Lo spesino del carcere mi informava in mattinata che i conti erano stati chiusi e il telefono muto confermò la notizia. Il Tribunale di Sorveglianza aveva accettato la mia istanza di affidamento ai servizi sociali. Ma l’ufficialità della notizia è arrivata solo nel pomeriggio durante il laboratorio di giornalismo di Ne vale la pena.

Iniziavo il mio cammino verso la libertà, ma è stato anche un momento in cui sentivo un’ombra di nostalgia per le attività trattamentali e le relazioni costruite con i volontari all’interno del carcere. Un saluto commosso e un grazie per le interazioni con coloro che dedicano il loro tempo alla riabilitazione e che erano diventati una parte significativa della mia routine quotidiana.
Le attività trattamentali hanno rappresentato per me un’opportunità per riflettere sulla mia vita, per comprendere le radici dei miei errori e imparare nuove prospettive. I volontari, con la loro pazienza e compassione, avevano offerto a me e ad altri detenuti uno spazio sicuro per esplorare le nostre emozioni, le debolezze e i desideri di cambiamento.
Le relazioni con i volontari erano diventate un faro di luce nella mia esistenza, un collegamento con il mondo esterno che mi faceva sentire che, nonostante i miei errori, c’era qualcuno disposto a credere nella mia capacità di cambiare.

In quei momenti, la mia mente era una tempesta di emozioni contrastanti. La corsa verso la sezione penale della Dozza per raccogliere le buste già preparate in precedenza e per i saluti. Pian piano cella per cella, salutai gli altri detenuti che conoscevo. Ognuno di loro aveva una storia diversa, un passato complicato che li aveva portati a incrociare le nostre strade in quel luogo. Molti di loro avevano condiviso anni di reclusione con me, e ora, mentre mi apprestavo a lasciare quel mondo chiuso, volevo condividere con loro un ultimo momento di solidarietà. La gratitudine per la mia libertà si scontrava con il rimorso per lasciare indietro coloro che ancora combattevano la loro battaglia quotidiana.
Mentre attraversavo il cancello del carcere era come risvegliarsi da un lungo sogno, ma la realtà della mia liberazione iniziava appena a penetrarmi nella mente.
La sensazione di camminare senza restrizioni mi procurava un senso di leggerezza. Ogni passo lontano dal carcere sembrava portarmi via da un mondo di sofferenza e confinamento. Tuttavia, una tensione persisteva nel mio petto, come se dovessi ancora abituarmi all’idea che la mia libertà fosse reale. Il primo passo fuori dal carcere fu come un passo sulla luna. L’asfalto sotto i miei piedi sembrava estraneo, e il rumore della città mi investì come un’onda anomala. Il mondo esterno era cambiato, mentre io ero rimasto congelato nel tempo.

La libertà tanto desiderata mi si stagliava davanti come un vasto oceano pieno di possibilità, ma la paura del giudizio sociale e l’incertezza del futuro mi affliggevano. Avevo aspettato questo momento per lunghi anni, ma ora il cuore mi batteva all’impazzata. A pochi passi dall’uscita, vidi la mia famiglia, con gli occhi brillanti di emozione e il calore dell’amore negli abbracci che ci stavamo preparando a scambiare. Nonostante il tempo trascorso lontano, la connessione familiare era intatta.
Il momento dell’incontro fu un turbine di emozioni. Mi sentivo vulnerabile ma la famiglia mi accettava senza riserve. Erano pronti a darmi una seconda possibilità.
La famiglia si allontanò dal carcere insieme, un’unità rinnovata.
Il viaggio verso casa fu accompagnato da racconti persi nel tempo, risate liberatorie e promesse di un domani diverso. Sapevo che la strada verso la risocializzazione sarebbe stata lunga, ma con la famiglia al mio fianco, sentivo di poter affrontare qualsiasi cosa.
L’uscita dal carcere ha segnato il capitolo finale di una parte oscura della mia vita , ma sarà anche l’inizio di una nuova storia, scritta con la penna della redenzione e della speranza.
La libertà, conquistata con fatica, è la tela su cui dipingere il mio futuro, e sono fortemente determinato a renderlo significativo e lontano dalle ombre del mio passato.