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di Fouad El Koh / Il tema del lavoro è molto delicato se trattato dall’interno del carcere, perché è molto difficile riprodurre le logiche e le condizioni che si trovano all’esterno.
La FID, Fare impresa alla Dozza, è una azienda metalmeccanica a tutti gli effetti che, pur da dentro, offre un’esperienza lavorativa come se si trovasse all’esterno. Fondata da tre aziende importanti del territorio bolognese – GD, IMA e Marchesini – a cui successivamente è subentrata anche FAAC, è una realtà che offre la possibilità di imparare un mestiere che consenta ai reclusi poi di inserirsi nel mondo del lavoro dopo l’uscita.

Si inizia a lavorare alle 8,45 e si prosegue fino alle 14,45, quindi con un orario lavorativo di sei ore continuative dal lunedì al venerdì.
L’attività coinvolge volontari e tutor pensionati: molti sono ex tecnici di montaggio e di lavorazione riguardanti le macchine utensili, alcuni hanno avuto ruoli gestionali e per questo supportano il coordinatore. L’esempio dei tutor è fondamentale per l’apprendimento del mestiere e dà la possibilità di imparare in modo qualificato.

Prima di essere assunti, come se si trattasse di una azienda esterna, i partecipanti al progetto seguono un corso di formazione professionale di circa sei mesi con ore di teoria e uno stage presso l’officina FID.
Le persone detenute coinvolte dimostrano una buona preparazione e la capacità di sottostare alle regole di un ambiente di lavoro normale, pur vivendo l’esperienza dentro le mura di un carcere.
Quando i termini di esecuzione della pena lo permetteranno, i detenuti saranno pronti per essere inseriti in una azienda esterna, avendo già sperimentato una realtà molto simile e così verrà portato a compimento il percorso iniziato in FID.