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G.P./Il mistero del Natale è al centro dell’interesse di tutti, ma con modalità diverse secondo la sensibilità e, talvolta, secondo il tornaconto personale. Si può parlare in certi casi di “Natale contraffatto”, con accenti non accettabili. Ciò avviene senz’altro nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e commerciale, ma può accadere anche sul piano spirituale, quando ci si impossessa del mistero separandolo dal cammino di fede, con una distorsione quasi caricaturale del significato più autentico.

La tradizione, la fantasia e senz’altro il mercato hanno messo al centro delle feste Babbo Natale, una figura a cui si appiccica il nome di Natale, dimenticando di chi si celebra il “Natale” e cioè Gesù. Babbo Natale rappresenta spesso la generosità nella distribuzione dei doni: volutamente o inconsciamente è la versione contraffatta del Dono che è al centro della ricorrenza, e cioè Gesù, donato da Dio agli uomini perché venisse ad “abitare in mezzo a noi”. Il carcere non è ricompreso nell’itinerario di Babbo Natale, qui non abbiamo il pensiero di cosa regalare a chi, e forse questa è un’opportunità per mettere a fuoco i nostri desideri sui doni che attendiamo dalla vita

Il tempo di Natale è anche tempo di luce. Strade, piazze e negozi sono tutti uno sfolgorio vivace e colorato. Ma è questa la vera risposta al bisogno di luce che gli uomini portano dentro di sé? Il Natale ci dice che la luce è Gesù “veniva nel mondo la luce vera….” e che gli addobbi artificiali sono solo simboli illusori, che non intercettano la ricerca autentica di illuminazione negli spazi di tenebra che spesso attraversano la nostra vita. E quanto è vero per noi che siamo in carcere! Quanto capiamo, proprio da qui dentro, dove le luci artificiali e gli addobbi non ci sono, che abbiamo bisogno di una luce interiore, che ci indichi il cammino e che ci aiuti a camminare con speranza e fiducia, nonostante tutto.

Il giorno di Natale è anche il giorno simbolo della pace: non mancano appelli, auspici sulla fine delle guerre, o tregue momentanee ai conflitti: La radice di questa aspirazione è molto profonda e tocca tutte le nostre vite, che non sono purtroppo esenti da guerre e conflitti esteriori o interiori; è vero che gol angeli cantano “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”, ma questo annuncio è legato indissolubilmente alla prima affermazione “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”, anzi ne è la conseguenza. Se non si pone in primo piano la gloria di Dio, accettando la Sua legge, la cui sostanza è l’amore ed il rispetto per il prossimo, non sarà facile costruire la pace sia nelle nostre vite che nel mondo che abitiamo. Qui in carcere il Natale è un’occasione per cercare strade di pacificazione con noi stessi e con le persone che incontriamo.

A Natale non mancano lodevoli iniziative di condivisione materiale con chi vive in povertà o umana con chi si trova in situazioni di disagio. A Natale siamo tutti più buoni !! (??). La sorprendente condivisione della nostra vita da parte di Gesù costituisce lo stimolo per concepire i rapporti tra le persone, per aspirare ad un diverso stile di vita che ci accompagni per tutto l’anno. Non si tratta quindi di fare qualche gesto di filantropia, qualche offerta di denaro, o di partecipare a qualche evento di solidarietà, bensì di trasformare la nostra vita come logica conseguenza della relazione che con Suo Figlio Dio ha stabilito con tutti gli uomini. Qui in carcere non arriva la “tentazione” di sentirci buoni con qualche gesto spot, perché siamo per lo più tagliati fuori da tutte le iniziative che si attivano fuori in questi giorni: questo forse può aiutarci a non “sentirci a posto”, e ad imparare la vera condivisione, sentendoci poveri fra i poveri.

No quindi ad un Natale vissuto solo nella smania del consumo e all’insegna dei falsi “buoni sentimenti”; Babbo Natale, le luci, il panettone fanno atmosfera e caratterizzano questi giorni speciali, ma il Natale non è Natale se non ci fa rivivere nel profondo la nascita di Gesù, di Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi, anche nelle nostre carceri.