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di Roberto Cavalli/Il carcere, a dispetto di molti che lo negano, è sempre stato parte integrante della cosiddetta società civile, la quale ama definirsi in questo modo esclusivamente per evidenziare il profondo fossato esistente tra i buoni, che stanno fuori, e i cattivi, che stanno dentro.

Naturalmente non è questione di sminuire o meno la responsabilità penale dei carcerati che scontano una sentenza definitiva; tuttavia, fingere che il carcere sia lontano anni luce serve semplicemente alla collettività per avere la falsa certezza che tutto sia a posto ed in ordine. Collettività alla quale poco o nulla interessa realmente del carcere e della sua quotidianità, se non in termini di vendetta pubblica nei confronti di coloro che hanno commesso reati, a volte anche molto gravi, e ai quali non è possibile dare alcun tipo di giustificazione. In estrema sintesi: “Si butti via la chiave e facciamola finita”. Questa è la frase che più di frequente è possibile ascoltare dalla gente comune.
Ma chi abita questi spazi, fatti di sbarre e di cemento, di chiavi e serrature, è forse un mostro?

Quanto scritto dal criminologo norvegese Nils Christie – di non aver mai conosciuto un vero mostro nella sua lunga attività professionale – ci permette di comprendere come chiunque sia potenzialmente in grado di commettere crimini ed efferatezze di ogni tipo. Basta essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Gli uomini e le donne che sono stati privati della libertà personale a causa dei propri comportamenti criminali se la sono cercata, senza dubbio. Ma, in realtà, si tratta di persone molto ordinarie e normali che devono essere aiutate a ritrovare la dignità perduta. Lo possono fare solo se è la società a dare loro l’occasione di ricominciare da capo, mettendoli nella condizione di vivere nella legalità una volta terminata la propria pena.

Se si viene trattati sempre da colpevoli, si continuerà a pensare di esserlo per tutta la vita e nulla di positivo potrà mai accadere. Solo un approccio al mondo dell’esecuzione penale completamente diverso, più attento alla ricostruzione della persona dal punto di vista dei valori umani insieme, ovviamente, ad un concreto e robusto aiuto materiale, potrà consentire un uso ridotto del carcere che, come sostenuto da tanti in questi decenni, non ha mai portato alcuna seria utilità alla società nel suo insieme.