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Fabrizio Pomes / Mai messaggio di whatsapp fu più gradito di quando sul telefonino ho visto arrivare l’invito del cappellano, Padre Marcello a partecipare a un incontro promosso dall’Associazione Poggeschi per il carcere, in occasione del ventennale del Jesuit Social Network a Roma con il Santo Padre. Per me, che sono uscito da poco dalle restrizioni della Dozza è stato come vedermi proiettato “dalle stalle alle stelle” in modo repentino ed inaspettato. E ho anche pensato che finalmente la nostra redazione avrebbe potuto avvalersi del reportage di un inviato fuori dalle mura, per raccontare come la realtà del carcere non è solo ciò che accade dentro, ma anche come la società esterna elabora la tematica, troppo spesso, purtroppo, volutamente rimossa.

L’incontro con il Papa può suscitare una vasta gamma di emozioni, che variano da persona a persona. Alcuni potrebbero sentirsi eccitati e onorati per l’opportunità di incontrare il leader spirituale di milioni di credenti in tutto il mondo. Altri potrebbero provare un profondo senso di reverenza e rispetto per la figura del Papa e per il suo ruolo nella Chiesa cattolica. Altri ancora potrebbero essere presi dall’emozione di trovarsi di fronte a una delle più alte autorità spirituali e morali a livello mondiale.
Indipendentemente da ciò che si prova, l’incontro con il Papa è comunque un momento significativo e memorabile per chi ha l’opportunità di viverlo. È un’esperienza che porta gioia, riflessione, ispirazione e spiritualità. Per me è stato un momento unico, considerato che Papa Francesco ha manifestato da sempre un forte interesse per i detenuti e ha costantemente promosso il rispetto per la dignità umana e la riabilitazione dei carcerati. Ha sottolineato l’importanza della misericordia, della redenzione e della possibilità di riscatto anche per coloro che hanno commesso errori o crimini.
La gioia di questo invito, condivisa in famiglia, era purtroppo condizionata dall’autorizzazione del Magistrato di Sorveglianza a farmi partecipare all’evento. Ma, al di là delle più ottimistiche previsioni, l’autorizzazione è arrivata subito e i preparativi per il viaggio fervevano in un clima di insolita agitazione che mi pervadeva ogni giorno di più.
Rimaneva, ahimè, da superare l’ultimo ostacolo, rappresentato dallo sciopero del personale di Trenitalia e di Italo, programmato per domenica 24 marzo, che aveva comportato la cancellazione del nostro treno. Ma anche in questo caso siamo riusciti a risolvere il problema, prenotando un altro treno e raggiungendo Roma in serata.

Eravamo in 5 in stazione: i 3 volontari Francesca, Paolo ed Elena del Poggeschi ed io e Giorgio come detenuti in esecuzione penale esterna. A Roma, grazie a Padre Marcello, siamo stati ospitati per la notte in una struttura ricettiva dei dehoniani.
Lunedì mattina alle 06:30 eravamo già pronti e dopo la colazione ci siamo diretti verso la Città del Vaticano. L’ansia cresceva man mano che ci avvicinavamo, e superati i controlli di sicurezza, ci siamo avviati presso la Sala Clementina del Vaticano, seguendo la guardia svizzera che ci accompagnava. Incurante delle numerosissime scale da salire e del fiatone, sono riuscito ad entrare per primo nella sala per occupare la prima fila, ad una distanza di una decina di metri dal Papa.
Papa Francesco è arrivato puntualissimo alle 9, e, dopo i saluti, ha ceduto la parola a Paola Piazzi che ha ringraziato il Pontefice a nome di tutte le organizzazioni che fanno parte del Jesuit Social Network. Ha sottolineato l’impegno che le organizzazioni impegnate nel sociale a fianco dei più fragili e più poveri e legate alla Provincia Euro mediterranea della Compagnia di Gesù svolgono negli 8 ambiti nei quali sono impegnate, spaziando dagli immigrati ai minori, dalle famiglie in difficoltà ai detenuti, dal disagio sociale alle marginalità urbane, dalla cooperazione internazionale alla formazione. Paola nel suo intervento ha sottolineato l’importanza del fare rete, ma evidenziando come “l’immagine invece di riferirsi al comune pensare dei social fosse quella della pesca miracolosa, quel gettare le reti anche quando si è scoraggiati e stanchi, quel confidare operoso nell’azione del Creatore, quel farci vicendevolmente pescatori d’uomini”. Al termine dell’intervento sono stati consegnati al Pontefice lo statuto dell’associazione e due doni, entrambi rappresentanti mani che si stringono evocando un senso di connessione umana e spirituale.

Il Papa nel suo breve ma intenso intervento ha apprezzato il lavoro che è stato fatto e che si continua a fare, e si è soffermato sulla necessità di accogliere e integrare i migranti in modo umano e dignitoso, sottolineando i valori di solidarietà, compassione e accoglienza nel trattare con coloro che fuggono dalla povertà, dalla guerra e dalle persecuzioni. Attraverso le sue parole Papa Francesco ha cercato di sensibilizzare la platea sulle sfide e sulle sofferenze affrontate dai migranti e di promuovere una cultura dell’incontro e della solidarietà che abbracci la diversità e rispetti la dignità di ogni persona, indipendentemente dall’origine o condizione sociale. Al termine ha donato a Paola il libro “Fratellino” che tratta il tema delle migrazioni attraverso una toccante storia vera.

Terminato l’incontro Papa Francesco ha voluto salutare i presenti uno per uno con una stretta di mano. In questo modo il contatto fisico è diventato un’opportunità per vivere un momento di profonda comunione e impegno reciproco nel perseguire valori condivisi di amore, compassione e solidarietà; per me è stato anche un momento di grande significato in relazione alla mia fede. Il Pontefice si è poi congedato non prima di aver omaggiato tutti i presenti con un rosario e di aver proceduto alla benedizione.
Il gruppo di circa 200 persone si è poi riunito nell’atrio del palazzo dove è intervenuto il cardinal Michael Czerny prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ,accompagnato da padre Alessandro Manaresi che ha incoraggiato attivamente il lavoro dei Gesuiti e dei loro network sociali nel campo della promozione della giustizia sociale, dell’assistenza ai bisognosi e della difesa dei diritti umani. Il Cardinale ha criticato l’individualismo e l’indifferenza che possono pervadere la società moderna e ha invitato tutti a un ascolto attento delle esigenze degli altri, specialmente dei più vulnerabili e emarginati.
In sintesi, per il Cardinale, l’ascolto è un elemento chiave per un’autentica vita cristiana e per la missione della Chiesa nel mondo, fondato sull’empatia, sul discernimento comunitario, sul dialogo e sulla solidarietà.
A completare questa intensissima mattinata l’incontro molto emozionante tra i volontari del Poggeschi per il carcere e padre Fabrizio Valletti, che ne fu il fondatore.