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di Pasquale Acconciaioco/Credere, la spiritualità, il sentire religioso sono ambiti profondamente umani, da sempre presenti nell’esistenza di tutti. E dal carcere la vedo soprattutto così: tutti, soprattutto quando le cose vanno storte, abbiamo bisogno di aggrapparci a qualcosa. Quindi quale situazione più consona, se non il carcere, per riscoprire la nostra spiritualità?

Quasi non riconoscendo il Pasquale di un tempo, ho notato che la mia religiosità ha preso un po’ di spessore e ha assunto importanza nei miei percorsi interiori. Eppure in questo periodo di restrizioni, e di sospensione delle liturgie, il rischio è proprio quello di perdere il senso più autentico della fede, che per noi cristiani è “festeggiare” insieme alla Messa; in questo periodo è un po’ come avere sete ma non avere l’acqua per dissetarsi. Per i cristiani la domenica è davvero festa! Anche qui è un giorno diverso: è un’occasione di incontro con compagni che normalmente non possiamo vedere perché in sezioni diverse, ma soprattutto è la possibilità di ascoltare parole di conforto e di speranza da chi celebra e ci spiega la Parola di Dio.

E proprio in questo periodo mi sembra che la religiosità dei musulmani abbia una “marcia in più”. Sono attualmente in cella con un ragazzo del Gambia, di religione musulmana. Ogni giorno prega: osservandolo, vedo che la sua anima ha bisogno di spiritualità, e che quando prega sta bene; il lunedì ed il giovedì fa anche digiuno, secondo le regole del Ramadan, non toccando cibo né acqua dalle 5 del mattino alle 5 del pomeriggio. Quando prega abbassiamo il volume della televisione, facciamo silenzio, e sento che la sua preghiera prende anche la mia anima. Capisco che pregare per loro è sentirsi protetti dalla mano di Dio e mi colpisce anche il loro immancabile “grazie” prima di mangiare, un grazie che noi cristiani per lo più ci dimentichiamo di pronunciare, anche solo mentalmente.

Quando ero piccolo insieme alla famiglia dicevamo la preghiera prima di mangiare e prima di dormire; adesso non si fa più, mi chiedo perché ma non so rispondere. Quando ho conosciuto il nuovo compagno di cella, lui mi ha chiesto “di che religione sei?” “Di tutte le religioni”, gli ho detto. Lui, stupito, mi ha chiesto cosa significasse la risposta. Gli ho spiegato che semplicemente credo nel bene, credo che la Bibbia o il Corano contengano tante Parole preziose e giuste per la vita, e che se anche non pratico tutte le religioni credo che tutti i percorsi spirituali ci aiutino a diventare persone migliori. Lui, dopo aver sorriso, ha annuito e con il pollice indirizzato verso l’alto ha detto “Ok, è vero!”