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di Shehi Bledar/ La proiezione, durante una riunione di redazione, del film del 1971 Detenuto in attesa di giudizio, con un magistrale Alberto Sordi attore protagonista, ha offerto spunti di riflessione sull’irrisolta questione giudiziaria italiana e ancor di più ha offerto una visione realistica dello stato delle carceri nella nostra Penisola.
Un imprenditore di successo, residente da anni in Svezia, al rientro in Italia per una vacanza con la famiglia viene arrestato senza essere informato del motivo e viene sbattuto in carcere. Poi, come un pacco postale, viene trasferito in altri istituti di pena, senza alcuna comunicazione alla famiglia che lo insegue con la roulotte al seguito durante il suo peregrinare.

Dal film è possibile cogliere le condizioni detentive che si vivevano in Italia prima dell’entrata in vigore dell’Ordinamento Penitenziario e viverne tutta la drammaticità: dalle pessime condizioni igienico sanitarie alla scadente qualità del vitto offerto; dal dramma dei suicidi in carcere a quello dei legali sponsorizzati dagli agenti di custodia, all’ignoranza del corpo di Polizia penitenziaria che riversa le proprie frustrazioni quotidiane sui detenuti. Insomma uno spaccato realistico del carcere anni 70-80.
L’entrata in vigore dell’Ordinamento penitenziario ha apportato significative novità in termini di qualità di vita delle persone private della libertà personale e all’introduzione di figure professionali nuove, mirate a rendere effettivi i dettati costituzionali di rieducazione e risocializzazione.

Ciò ha fortemente influito anche sull’offerta cinematografica degli ultimi anni, che non ha mai proposto film autenticamente basati sulle reali condizioni della vita detentiva. Tutti i film sul carcere negli ultimi decenni ne hanno sostanzialmente proposto una visione edulcorata, fondata più sui principi e sulle buone intenzioni dei legislatori che sui problemi ancora irrisolti, sia a livello di sistema che nella quotidianità. Certamente non corrisponde al vero neanche lo stereotipo americano che disegna il carcere come un agglomerato di gang pronte a darsi battaglia per ogni motivo.

Un film che rappresenti il modello carcerario italiano vero e non edulcorato e soprattutto che evidenzi le carenze della macchina giudiziaria e gli errori prodotti dalla malagiustizia di cui è piena la cronaca degli ultimi anni, è il vero assente del panorama cinematografico italiano.