Tendere alla vita buona
di Fabrizio Mandreoli/ Il progetto viaggiare nelle periferie qui descritto attraverso una serie di – interessanti e non distaccati – articoli si compone di una serie di ‘ingredienti’.
Una istituzione formativa in ambito universitario, il Centro Donati, che fa spazio a persone giovani e interessate, che crea le condizioni di un ritrovarsi insieme per riflettere ed esplorare, perché crede nella coltivazione di una sensibilità più attenta, meno indifferente, che desidera in qualche maniera incidere sulla realtà e sui contesti.
Un piccolo gruppo di giovani universitari/e, la maggior parte fuori sede, che cerca di guardarsi attorno per crescere nella conoscenza del contesto sociale, dei problemi dei fenomeni migratori. Un gruppo che si interessa di biografie e storie di vita, che si mette in gioco per un anno di incontri, visite, dialoghi e confronti. Che si mette alla prova nel tentativo di dire quanto visto ed esplorato.
Un piccolo gruppo di accompagnatori che, con sguardi e competenze diverse, conosce un po’ il territorio bolognese e alcune associazioni e persone che si muovono a livello italiano e internazionale, che compie il percorso con i giovani universitari condividendo alcune conoscenze, domande e modi di riflettere sulla nostra realtà.
Sia gli uni che gli altri, sono persone che, certo nel loro piccolo, hanno sperimentato in qualche modo la forza interpellante e trasformatrice del contatto con coloro che vivono sui confini della vita sociale costituendo una vera, ma spesso nascosta, ricchezza di stimoli, insights e percorsi per i cambiamenti necessari alla nostra vita personale e collettiva.
Le molte realtà incontrate (a Bologna il Centro Astalli, il centro giovanile I cortili, l’Opera Padre Marella e a Trieste l’associazione Linea d’ombra e la Comunità di San Martino al Campo), con l’impegno e l’intelligenza appassionata dei molti operatori, con le persone che vi transitano e vi vivono con le loro storie e biografie, e con i loro percorsi di migrazione e di ricerca di condizioni di vita più vivibili.
Un modo di procedere fatto di ricerche e sforzo di comprendere luoghi e situazioni, di visite e domande, di incontri ed interviste, di documentazione e riflessione, di tentativi di scrittura e desiderio di una comunicazione più autentica e capace di cambiare, almeno un po’, le cose.
Mi pare, in definitiva, che il nostro piccolo gruppo – certo, con tutti i nostri limiti – si sia mosso in quell’orizzonte ‘etico’ descritto da Paul Ricoeur come un ‘tendere alla vita buona con e per gli altri all’interno di istituzioni giuste’.