Il “Progetto Rampe”: per rendere accessibili i luoghi aperti al pubblico
Da poco l’associazione UILDM di Bologna ha presentato in Comune il “Progetto Rampe”. In questa breve intervista Alice Greco, presidente dell’associazione, presenta il progetto e spiega perché è così importante per la città di Bologna e non solo.
In cosa consiste il “Progetto Rampe”?
È un progetto volto a favorire l’accessibilità degli ingressi nei luoghi aperti al pubblico. Nella nostra città ci sono ancora moltissimi luoghi pubblici nei quali le persone con disabilità o che hanno difficoltà temporanee, non possono accedere senza ricorrere a un aiuto esterno e talvolta nemmeno con quello. Si tratta spesso di un semplice gradino insignificante che però per persone che non possono camminare per una qualunque patologia rappresenta un ostacolo insormontabile. Le condizioni di accesso dovute a queste barriere architettoniche sono in totale disaccordo con la L.67/2006 che considera, in sostanza, la mancata possibilità di accesso in un luogo pubblico come un vero e proprio atto discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità. È una tutela giudiziaria che dovrebbe assicurare questo diritto ma che nella nostra città non ha ancora avuto modo di essere applicata come dovrebbe. Le barriere architettoniche generano una discriminazione indiretta ovvero una situazione di per sé neutra che però crea differenza, in questo caso di accesso a un luogo pubblico.
Da dove nasce l’idea di questo progetto?
Come spesso accade, nasce da una necessità. L’idea mi è stata presentata da una mia socia e il suo progetto mi ha convnito fin dalle prime righe. Ho deciso di dare appoggio immediatamente perché, ad oggi, non esiste una normativa che regolarizzi queste situazioni nonostante esista una normativa nazionale che obbliga ad avere un ingresso a un qualunque luogo pubblico fruibile da tutti. Non ci sono dei criteri chiari da seguire. L’iter burocratico presenta numerosi vincoli. Nel regolamento edilizio della nostra città non c’è una normativa che in modo diretto e cogente richieda una soluzione. Tutto è lasciato in mano al singolo tecnico, che caso per caso ricerca una soluzione, nonché alla buona volontà degli esercenti. Questo progetto dà un limite di tempo ragionevole per effettuare gli adattamenti nei locali già esistenti ed essere a norma. Per quelli futuri invece vuole soprattutto fungere da linea guida a livello tecnico al fine di tutelare non solo le persone con disabilità ma anche i singoli esercenti.
A Milano esiste già una normativa simile e funziona. Visto e considerato che Bologna si è candidata al Premio Europeo Città Accessibile 2021 ci sembra il momento giusto per farci avanti.
Che tipo di soluzioni proponete?
Se la norma entra in vigore, tutti gli interventi di mantenimento o rifacimento di competenza del Comune devono essere attuati tenendo in considerazione tutti gli sforzi necessari per garantire l’accessibilità al suolo pubblico. Il Comune deve essere il primo a garantire il requisito di visitabilità a tutte le unità immobiliari aperte al pubblico.
Le attività di tipo commerciale, ricettivo, culturale, sportivo o per lo spettacolo, invece, devono garantire un ingresso accessibile tramite una soluzione di adeguata efficacia, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della norma. Le soluzioni, ovviamente, dipendono dal singolo caso ma sostanzialmente, secondo noi, è necessario garantire in via prioritaria un accesso non discriminatorio e di pari qualità quindi di tipo permanente e che possa, preferibilmente, essere collocato all’interno del locale, per esempio abbattendo il gradino o comunque con soluzioni ad hoc. Questo vale soprattutto nei casi in cui bastano dei lavori di ridotta entità. Solo in situazioni di assoluta necessità, invece, concedere la realizzazione dei cosiddetti accessi su chiamata con delle rampe mobili. Insomma l’idea è quella di limitare i casi di occupazione del suolo pubblico se non strettamente necessario. Le soluzioni in generale non devono costituire un’ulteriore barriera architettonica né per i pedoni né per persone con altri tipi di disabilità, come per esempio i non vedenti, devono considerare tutte le eventualità e tutte le condizioni al fine di essere utilizzate da tutti in adeguata sicurezza e autonomia.
Chi deve provvedere alle spese di questi interventi?
Ora come ora le spese e le pratiche burocratiche sono a carico degli esercenti. Coloro che creano una situazione di discriminazione, in questo caso indiretta, come ho già detto, rischiano di essere soggetti a un ricorso per discriminazione ex L.67/2006. Un semplice gradino potrebbe risultare motivo di una causa legale, tanto più se vi era la possibilità di attuare un accomodamento ragionevole. Questo concetto comprende tutte quelle soluzioni che possano garantire, ove possibile, un accesso di pari qualità per tutti. Il nostro progetto, come affermavo prima, vuole essere una tutela anche per i negozianti fornendo gratuitamente servizi di consulenza e progettazione tecnica nonché consulti sulle modalità di accesso a fondi nazionali e regionali per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Chiaramente nel nostro progetto prevediamo anche uno snellimento delle pratiche burocratiche definendo alcuni interventi attuabili anche senza permessi speciali quindi direttamente dall’esercente.