Un mondo nuovo: gli effetti del trasferimento nel carcere

di Luca Tosi/Il carcere, per chi non ne ha mai varcato i cancelli, è spesso immaginato come un luogo alieno, un regno di caos, peccato e solitudine. Pochi, però, considerano che all’interno di quelle mura esista una comunità di persone che affronta le medesime problematiche della vita ‘libera’.

È difficile, per esempio, concepire che la stessa ansia che una persona prova traslocando in una nuova abitazione possa essere sperimentata anche durante la detenzione; eppure, anche per la comunità dei ristretti, il momento del trasloco esiste. Tutte le ansie, i turbamenti e le emozioni che un’azione del genere può generare all’interno di un istituto di pena sono amplificate esponenzialmente. Ciò deriva dall’ignoto che accompagna qualsiasi mutamento.

Senza preavviso e senza una precisa conoscenza di dove e con chi, l’agente penitenziario comunica al detenuto che deve abbandonare la sua cella per spostarsi in un’altra sezione. Ciò che può sembrare di poco conto è, per chi la riceve, un cambiamento di enormi dimensioni e costituisce motivo di grande agitazione. In pochi minuti, infatti, infatti, si devono preparare tutte le proprie cose, lasciare i propri compagni di avventura e raggiungerne di nuovi, per poi ricostruire la propria quotidianità, che ha impiegato mesi per essere costruita quasi da capo.

Una volta preparati i propri averi per il trasloco, con un carrello sovraccarico di oggetti, coperte, vestiti, si raggiunge il nuovo reparto e si viene accolti subito dai volti indagatori dei nuovi compagni di sventura.

Se da un lato questi ultimi cercano in pochi minuti di tracciare un identikit del nuovo arrivato, includendo una sorta di valutazione per capire se sia affidabile, dall’altra anche il detenuto cerca di trovare in tutti quei volti un viso amico che possa tranquillizzarlo sul fatto di non trovarsi in un luogo completamente sconosciuto. Anzi, tra di essi, può capitare di ritrovare qualche compagno di corso, qualche frequentatore della messa con cui si è simpatizzato o, ancora meglio, qualche ex compagno che ha già vissuto la stessa esperienza.

Una volta ricevuto l’ok per entrare, si conosce il nuovo compagno di cella, si inizia a pulire e sistemare i propri averi nel nuovo luogo di detenzione e a prendere confidenza con l’ambiente e i nuovi abitanti.

Proprio come un vero trasloco del mondo libero, anche quello del recluso presenta le stesse problematiche; ciò che cambia, tuttavia, è la finalità di questo spostamento. Se fuori dal carcere le persone cambiano casa per migliorare la propria condizione abitativa e ottenere maggiore libertà, il detenuto è costretto a cambiare, pur mantenendo invariata la sua condizione di recluso, sperando che questo sia l’ultimo spostamento fino a quando un giorno potrà finalmente tornare a essere infelice alla maniera degli uomini liberi.