Religione e carcere : il pluralismo religioso alla Dozza
di Emme.I/Entrando al primo piano dell’istituto penitenziario di Bologna, la prima cosa che salta subito all’occhio è una scritta che campeggia sulla parete “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di lingua, di religione…” (art. 3, comma 1, Cost.).
La direzione carceraria ha invitato tutti i detenuti a ricordare l’importanza del principio di eguaglianza, vista la moltitudine di nazionalità, culture e religioni diverse che condividono gli stessi spazi ristretti durante la permanenza in carcere Alla Dozza gli stranieri sono più della metà della popolazione carceraria e per questo si può parlare di “quartiere multietnico della città”.
Il carcere, oltre che la libertà personale, toglie l’affettività in ogni sua forma. Chi entra è catapultato e abbandonato in un luogo desolante e sconosciuto. L’unica cosa che rimane è chiedere aiuto è Dio, Colui che non abbandona mai.
Poter professare il proprio credo religioso può quindi risultare di particolare conforto e sostegno nell’affrontare le restrizioni della vita detentiva e, a conferma dei principi costituzionali, la libertà religiosa è tutelata anche dall’ordinamento penitenziario, che individua nella religione uno degli ambiti in cui la persona può trovare percorsi di rieducazione e risocializzazione.
Se il carcere della Dozza è multietnico, molteplice è anche l’appartenenza religiosa; in istituto vivono cattolici, musulmani, buddisti, cristiani ortodossi, induisti, buddhisti etc, e tutti aspirano a poter coltivare la propria fede e i propri riti.
In questo periodo di emergenza sanitaria dapprima per tutti e, successivamente, solo per i detenuti, le restrizioni hanno riguardato anche l’ambito religioso: durante il primo lockdown, ma purtroppo anche dall’inizio della seconda ondata, non è stato possibile celebrare messa e il Ramadan è stato vissuto individualmente dalle persone detenute di religione musulmana, senza possibilità di preghiera collettiva. Inoltre né il cappellano né gli altri ministri di culto hanno potuto accedere al carcere per molti mesi. Nonostante queste restrizioni, ogni credente ha continuato a pregare, da solo o con il compagno, nella propria cella.
Grazie a “Liberi dentro – Eduradio”, un programma radiotelevisivo pensato per arrivare direttamente nel carcere bolognese con l’obiettivo di mantenere “vicinanza a distanza”, la popolazione detenuta ha potuto seguire in diretta la S. Messa di Natale presieduta dal Vescovo di Bologna, il Cardinale Matteo Zuppi.