Lettera aperta della redazione di “Ne vale la pena” al cardinale Matteo Zuppi

Cardinale Zuppi,
Le rivolgiamo una preghiera perché con il suo carisma Lei possa collaborare a un processo di sensibilizzazione della politica rispetto al tema spesso ignorato delle carceri, sollecitando nell’immediato la definizione di un nuovo Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario, a ben 22 anni dall’entrata in vigore del precedente. Si tratta di uno strumento fondamentale per la vita nelle carceri, dal momento che è l’attuazione concreta dei principi e dei valori che fondano il sistema delle pene nel nostro Paese. La commissione Ruotolo, nominata a livello ministeriale per “l’innovazione del sistema penitenziario” ha licenziato, nel dicembre scorso, una proposta di revisione molto articolata, a cui però adesso, occorre dare attuazione per evitare che anche questo lavoro rimanga solo nella sfera delle buone intenzioni, come purtroppo negli ultimi anni accade quasi sempre quando si parla di detenzione.

E’ altresì importante che l’impegno politico verso il mondo carcerario si occupi anche della questione che ci ha accompagnato negli ultimi due anni, e cioè della pandemia, che ha cambiato la vita di tutti, ma ancor di più quella di chi si trovava già in condizioni svantaggiate. Nel piano dei ristori non può a nostro parere mancare il risarcimento delle condizioni di detenzione subite in questi due lunghi anni, certamente più gravi di quelle ordinarie vissute nella società libera, con effetti pesantissimi sull’equilibrio psico-fisico e sulle relazioni familiari di tante detenute e detenuti. Ci riferiamo in particolare alla liberazione anticipata straordinaria.

Va inoltre superato definitivamente il meccanismo delle preclusioni assolute nell’accesso ai benefici penitenziari anche per gli autori dei reati più gravi, così come indicato dalla Corte europea dei diritti umani e dalla Corte costituzionale; più in generale va perseguito l’obiettivo della progressione dell’azione penale per la generalità della popolazione detenuta.

Il sistema della pena intesa come retribuzione del male con il male, che toglie o limita a chi la subisce diritti fondamentali connaturati alla dignità della persona, non risponde in alcun modo alle finalità che si vorrebbero perseguire. Non svolge funzioni di prevenzione generale dal momento che reati, anche gravi, vengono comunque commessi anche se vengono minacciate pene elevate; non svolge funzioni di prevenzione speciale e non serve a riabilitare le persone, visto l’alto tasso di recidiva, costa tantissimo alle persone che la subiscono e all’intera collettività; non ha alcun effetto riparativo nei confronti della vittima. Occorre abbandonare l’idea che infliggere sofferenza possa riorientare la mente e la volontà di chi delinque e possa quindi costituire un’azione salvifica, operando una rivoluzione copernicana degli interessati; certo le attuali pene sono ben lontane dal poter incidere sul riferimento ultimo delle relazioni umane sostituendo gratuità all’onerosità, solidarietà all’individualismo, inclusione all’esclusione.

Le chiediamo di implementare e sviluppare le tante azioni già messe in campo grazie alla Sua iniziativa; ci riferiamo in particolare alle iniziative di accoglienza per i detenuti che possono usufruire di benefici premiali sulla scia di quanto già realizzato nella comunità di padre Marcello; questo non per sostituirsi all’Amministrazione comunale, ma per affiancarla e sensibilizzarla sul problema. Occorre inoltre dare linfa alle azioni di volontariato operando perché il ruolo di chi si spende, in vario modo e a vario titolo, per la popolazione detenuta e per le famiglie, possa essere valorizzato e rispettato come soggetto importante e irrinunciabile nell’attuale sistema detentivo. Questo non sempre avviene, e ci auguriamo che anche grazie ad una fattiva collaborazione con la nuova Direttrice si possano sviluppare percorsi e sinergie virtuose ed efficaci, anche sul fronte del lavoro, ricercando ulteriori opportunità di impiego delle persone detenute sia all’interno che all’esterno. Non lasciare, quindi, nulla di intentato nella logica dell’”economia del dono”.

Lei conosce bene l’ambiente del carcere e la multi etnicità che lo caratterizza; è necessario proseguire nel dialogo interreligioso, intensificando le occasioni di incontro e di scambio che possano favorire un miglior rapporto fra i detenuti nella logica chiaramente espressa da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”; segnaliamo a questo proposito che i compagni di detenzione di fede islamica non hanno ancora la possibilità di essere seguiti da una guida spirituale esterna che li aiuti a pregare, a comprendere la Scrittura e ad approfondire la dimensione di fede.

Oltre a sperare in una fattiva collaborazione con la Direzione dell’istituto, Le rivolgiamo un accorato appello perché Lei possa intercedere sul Direttore generale dell’AUSL affinché affronti con immediatezza e risolutezza il problema dell’assistenza sanitaria del detenuti del carcere di Bologna. Durante le rivolte sono andati distrutti alcuni laboratori specialistici, e a questo problema si aggiunge ora il fatto della carenza strutturale di personale medico e di attrezzature diagnostiche, con un serio rischio per la salute della popolazione detenuta.

Le chiediamo di pregare per le nostre famiglie e i nostri figli, che spesso sono segnati, pur non avendo colpe, dagli errori commessi dai genitori. Si dice che le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli, ma sappiamo bene che così non è, e che spesso la società li giudica per le sentenze che hanno condannato i loro genitori, per la definizione che è stata loro cucita addosso con la superficialità che porta ad identificare l’uomo con ciò che ha commesso. Siamo considerati i “cattivi” e in un certo senso è vero se consideriamo l’etimologia della parola: siamo infatti prigionieri, viviamo in cattività, ma non accettiamo che questo si traduca in un’etichetta morale definitiva. In molti di noi c’è un profondo desiderio di diventare “alberi buoni che danno frutti buoni”, come abbiamo letto nel Vangelo di domenica scorsa: chiediamo solo che il tempo vissuto da reclusi possa diventare un tempo di costruzione della vita futura, anche grazie alla riflessione su quello che siamo stati. Vogliamo che la pena diventi davvero uno strumento per aprire le celle del nostro cuore.

In questi giorni sentiamo in particolare la drammaticità della guerra sul fronte ucraino; desideriamo che la nostra preghiera insieme alla Sua contribuisca a dare forza alla popolazione sofferente e ad ispirare una vera politica di pace.