La povertà in carcere/I suoi mille volti

di Luciano Martucci/“Il Signore ascolta i poveri e non disprezza i suoi che sono prigionieri” (Salmo 69:34). Nel “mondo carcere” il tema della povertà si presenta quotidianamente con tutta la sua complessità e i suoi mille volti.

La povertà la vedo rappresentata nei volti e sui corpi dei “nuovi giunti”, arrivino essi da altri istituti oppure siano appena stati privati della libertà; chi arriva è sottoposto alle prove umilianti del rito di iniziazione che comporta la spogliatura delle vesti e l’accovacciarsi nudi per essere perquisiti, per entrare “puliti” nel nuovo mondo, spogliati degli oggetti personali, delle foto dei parenti e dei soldi. Molti arrivano già spogli e poveri: questo fa sì che alcuni agenti e operatori sanitari, poveri di animo, di sensibilità e di empatia, assumano un chiaro disprezzo per la persona che hanno di fronte, negando anche le poche cose utili all’igiene personale.

Altri poveri sono quei detenuti che, pur avendo la fortuna di avere un lavoro o potendo disporre di un po’ di denaro mandato dalla povere famiglie, vedendo un altro povero che non ha le stesse possibilità, gli rifiutano ogni aiuto: una sigaretta, un capo di vestiario, o un po’ di cibo. Altri, ancora più poveri, sono quelli che nel vedere il povero detenuto possedere delle scarpe o dei vestiti nuovi li desiderano uguali per mostrare, agli altri poveri, di non essere poveri anche loro, e che con cattiveria arrivano a ricattare, pretendendo il baratto del loro oggetto del desiderio con altri beni di cui dispongono. Poveri sono quei detenuti a cui non manca nulla e che si sentono di casta superiore, appartenenti a quella degli arroganti con i poveri, solo perché si sentono forti, protetti da un cerchio ristretto di altri poveri come loro, ed esprimono giudizi classificando chi non dispone di nulla come appartenente alla casta dei paria. A quest’ultima casta vengono assegnati anche i poveri malati di droga e alcool; intoccabili e portatori di infezioni e malattie, capaci di trasmettere le loro malattie della povertà. Spesso, questi poveri malati sono costretti a commercializzare in un mercato sotterraneo i loro medicamenti ad altri detenuti, altrettanto poveri perché ignoranti delle conseguenze dell’abuso di sostanze e farmaci.

Altri poveri che si incontrano in carcere sono quei operatori sanitari che nutrono pregiudizi verso i poveri che si presentano loro dinnanzi: a loro volta prigionieri della povertà di giudizio. Questi poveri sanitari scambiano la tranquillità, il non essere disturbati dalle richieste dei poveri malati, con la vita del povero malato detenuto, che deve intavolare trattative per avere sollievo dal male della povertà. Poveri sono quelli che si ammalano e poveri sono quelli che li curano.

Poveri sono quelli che muoiono poveri, soli, in carcere e che vengono pianti dai loro poveri familiari. Altri poveri che abitano il carcere sono quelle guardie che, indipendentemente dal loro grado, non fanno gli assistenti ma solo le povere guardie dentro questa grande stalla di poveri asini e somari. Sono agenti che non comprendono che con il termine “assistente” assumono un ruolo sociale importante. Loro, poveri per sé, poveri per le loro difficoltà personali e familiari, poveri per i massacranti turni di lavoro, poveri per quello che subiscono dai detenuti poveri, spesso non riescono a distinguere un povero detenuto da un detenuto povero e quindi non “assistono” il povero in quel percorso che dovrebbe essere di rieducazione e di riabilitazione dalla povertà. Alcune volte è proprio il povero detenuto che rieduca l’assistente povero.

Povere sono quelle figure professionali, appunto, adibite alla rieducazione e riabilitazione del detenuto dalla povertà, che si sono istituzionalizzate e che spesso assumono atteggiamenti non previsti dal loro ruolo, recitando, malamente, la parte di pubblici ministeri e magistrati.

Povere sono tutte quelle figure, come i volontari, mediatori linguistici e culturali, insegnanti, che vogliono solo apparire, nascondere la loro povertà e che spesso illudono e lucrano sul povero detenuto.

Povero è il detenuto che non comprende il suo atto, che lo ha privato della libertà e che lo ha portato in questo povero luogo. Povero è il detenuto che non viene aiutato a capirlo. Povero è il detenuto che non viene ascoltato e che viene lasciato solo, come un povero, in mezzo ad altri poveri.

Poveri sono gli uomini ricchi e ricchi sono gli uomini poveri. La povertà vive in ogni luogo e in ogni essere umano: fa soffrire, uccide, ma, spesso, insegna, dà vita, fa scoprire se stessi e l’amore di Dio che si manifesta nel mondo. Molti sono i poveri di cuore, poveri di sentimenti e di emozioni che vivono direttamente e indirettamente il carcere, ma molte sono, anche, quelle persone povere che hanno un grande cuore, un animo nobile e un potente spirito, qua in carcere.