Dopo la rivolta/Ora ci ritroviamo in una situazione disagiata

di Meta/Nel carcere dove mi trovo, l’istituto “Rocco D’Amato” di Bologna è partita una rivolta che ha dell’incredibile.

Tutto
è cominciato lunedì 9 marzo verso le 13:30. Nel mio reparto, il
primo B giudiziario, alcune persone hanno barricato il cancello
d’uscita della sezione con sgabelli e tavoli, dopo un colloquio con
una commissaria, che era venuta a congratularsi con noi e con le
altre sezioni del piano per aver mantenuto la calma dopo la
diffusione delle notizie sulle rivolte in altri istituti
penitenziari. Il DAP di Roma aveva fatto complimenti per il
comportamento del nostro carcere. Forse sarebbe stato meglio che non
ci avessero comunicato niente, perché come dice il nostro buon
vecchio allenatore Trapattoni “Non dire gatto se non ce l’hai nel
sacco.” Dopo appena un quarto d’ora mentre il 1°B barricava la
sezione, i detenuti del 2°B, molti di loro extracomunitari, forse
non in grado di comprendere pienamente le notizie diffuse dai media,
uscivano come pazzi dalla sezione facendo fuggire gli assistenti.

In
mezz’ora il danno è stato fatto, un danno gravissimo. Al mio
piano, il primo, i detenuti dei bracci A e C, per la maggioranza
tossici, sono usciti dalle loro sezioni contagiandosi a vicenda per
la sete di rivolta, invadendo e saccheggiando l’infermeria. E’
bastato davvero poco e il carcere si è trovato sottosopra, tutto
distrutto. Alcuni rivoltosi verso sera hanno sfondato la porta che
conduce sul tetto, passando così la notte al freddo con un falò,
interloquendo a turno con il comandante e gli ispettori, e avanzando
richieste assurde, tipo indulto, metadone, amnistia. Mi sarei
aspettato richieste più sensate, legate in concreto alla situazione
emergenziale che si era determinata a causa della diffusione del
Covid; avrei auspicato richieste di possibilità di contatto costante
con i familiari anche a fronte della chiusura dei colloqui, e che
venisse disposto che anche gli assistenti non uscissero ed entrassero
dal carcere. Il danno avrebbe potuto essere contenuto se il giorno
dopo alcuni detenuti, a quanto ne so extracomunitari, non avessero
incendiato quattro reparti fondamentali della sanità carceraria, e
cioè gli ambulatori di oculistica, infettivologia, dermatologia e
dentistica.

Ora
ci ritroviamo in una situazione disagiata; i danni, si dice,
ammontano a 12 milioni di euro, con una perdita di macchinari
importanti, di computer con informazioni e schede personali dei
detenuti, e anche di farmaci costosi che assumevano detenuti con
patologie gravi.