Come un colpo di spugna: gli amici aiutano a evitarlo nei momenti bui

di Piombo/I giorni si susseguono tutti uguali, uno dopo l’altro. Piano piano ti lasciano quel senso di abbandono, di resa incondizionata alla vita carceraria. Ti lasciano, o meglio ti trasportano in un limbo di oblio che ti svuota del tutto, togliendoti completamente la voglia di interessarti a ogni impegno o attività che prima svolgevi quotidianamente e con entusiasmo. Non so spiegarmi il perché: sono sempre una persona vitale e attiva, che si muove e fa, sempre pronto a vivere la sezione con gioia e allegria.
Inizialmente ho dato la colpa al fatto che nel mese di agosto non vi sono state molte attività da svolgere all’interno del carcere e anche che gli appuntati usassero la chiusura dell’anno scolastico come scusa per non assegnarci all’area pedagogica, con la conseguente chiusura della biblioteca. Questo mi lasciava molto tempo libero, pieno di inattività. La chiusura della biblioteca ci viene comunicata all’ultimo momento, lasciandoci una frustrazione che aumenta ogni volta, anche perché ciò nega a molte sezioni di poter usufruire delle ore previste per la cultura o anche la semplice lettura.
Ho così deciso di dedicarmi alla lettura e al riposo più assoluto, anzi all’ozio, con disinteresse per tutto, trascurando i rapporti con i compagni di sezione, le ore d’aria, chiudendomi in cella e uscendo di rado, tanto che a fine mese alcuni miei compagni detenuti sono venuti preoccupati a chiedermene spiegazioni. Alcuni erano preoccupati, altri pensavano che volessi rimanere chiuso in cella e mi chiedevano se volessi cambiare sezione, lasciando posto a chi invece vorrebbe essere assegnato a una sezione aperta.

Un campanello d’allarme
Tutto ciò mi ha colpito moltissimo, perché mai e poi mai avrei pensato a una cosa del genere. Vedere le cose da un altro punto di vista mi ha dato una scossa tremenda, risvegliandomi dal torpore che mi stava risucchiando e attanagliando, condannandomi all’isolamento da tutto e tutti, escluso il mio concellino.
Ho immediatamente rassicurato tutti coloro che pensavano volessi cambiare sezione e sceglierne una chiusa, e immediatamente mi sono sforzato di uscire in sezione e rivivere quelle sensazioni, quei rapporti umani e quelle dinamiche che mi appartenevano e dalle quali mi ero allontanato per un mese intero, riscoprendo la voglia di vivere attivamente il tutto e trarne beneficio.
A volte basta un attimo per perdere la via o lasciarsi andare all’oblio; non lo chiamerei neanche sconforto ma proprio ozio e oblio: un malcelato menefreghismo verso tutto e tutti, che rischia di compromettere i rapporti creati con grande sforzo e tutte le attività che ci hanno coinvolto in questi mesi. Basta veramente un niente, come se fossimo risucchiati silenziosamente in un nulla cosmico che ci attanaglia. È stata la prima volta che mi sono sentito così e non so spiegarne il motivo, le battaglie da perseguire sono ancora tante e ardue.

Come un colpo di spugna
Questo mi insegna a non dare nulla per scontato, perché anche le mie azioni quotidiane possono produrre conseguenze nelle vite degli altri, questo mi ha riportato alla nuda e cruda realtà.
Non dimentichiamocelo mai, soprattutto qua dentro in carcere, dove tutti pensano pressoché solo a se stessi e ai propri problemi. Io ho avuto la fortuna di avere degli amici che si sono preoccupati per me e mi hanno parlato, poiché hanno visto come stavo cambiando, ma non tutti hanno sempre questa fortuna. Non dimentichiamocelo mai, perché perdersi è un attimo, e quell’attimo può vanificare tutto ciò che abbiamo fatto di buono, come un colpo di spugna.