
di Giuseppe Gemito /Ho sognato per 14 anni in carcere il giorno in cui avrei potuto assaporare l’esperienza di un uomo libero e, il 7 febbraio 2019, quel giorno è arrivato con un permesso premio di 6 ore.
Non sono un sonnambulo, ma stavolta, la notte precedente ho “vagato” nell’attesa. Quando la sveglia ha iniziato a suonare inutilmente è stato liberante disattivarla.
Dopo i riti previsti presso l’Ufficio Matricola, mi sono trovato davanti a quell’enorme cancello che apre alla libertà; fuori c’era ad aspettarmi padre Marcello, che, vedendomi emozionato e impacciato, mi ha subito incoraggiato e aiutato a “prendere le misure” di un mondo che mi appariva nuovo.
Durante il tragitto verso il luogo di destinazione, il cuore palpitava forte e con difficoltà riuscivo a trattenere tutta la gioia che stavo provando, sapendo che di lì a poco avrei incontrato i miei familiari da persona libera.
L’attesa è stata accompagnata da una serie di emozioni forti e difficili da gestire. Davanti a me scorreva la vita di tutti i giorni della città. Le auto in movimento, le persone alle fermate in attesa dell’autobus, le vetrine dei negozi e le commesse indaffarate, persone distratte non curanti di ciò che li circondava, molte consegnate al loro “smartphone” (una novità per me), immerse nella loro routine. Ciò che per loro era ordinario, e forse noioso, io lo centellinavo in ogni particolare. Questa forse la sensazione dominante: benché tutto si svolgesse secondo una consuetudine solita, io mi sentivo osservato come un “uomo del passato catapultato nel presente”. Complicato perfino acquistare un pacco di sigarette!
Dopo un’ora circa ho potuto finalmente riabbracciare i miei familiari e immediatamente dopo vedere e sentire mia figlia su un prodigioso apparecchio telefonico. Il loro amore, che mi ha accompagnato in tutti questi anni, è esploso in una gioia liberata quasi per magia dalla sofferenza del tempo passato.
A San Donnino, ospite della fraternità, ho potuto vivere a tavola un intenso momento di convivialità familiare. Sapevo che si trattava di un attimo fuggevole, ma mi sono sentito profondamente “libero”.
La felicità della giornata trascorsa assieme ai miei cari ha permesso al mio rientro di superare il contraccolpo di persona “catapultata nel presente” che si ritrova nuovamente nel passato.
Vi ho raccontato questa esperienza – che può sembrare non avere niente per cui fare notizia – per dire a tutti voi quanto sia straordinariamente prezioso offrire accoglienza a chi, come me, non vuole sentirsi ingessato nel suo passato e desidera sopra ogni cosa costruire un futuro. Possibile con il vostro aiuto, non senza.