
di Daniele Villa Ruscelloni/Come ogni anno, si è tenuto il «Pranzo amico» - svoltosi presso l’azienda metalmeccanica presente all’interno della Casa Circondariale di Bologna: una vera e propria officina meccanica in cui lavorano circa 15 detenuti, fortunati più del resto della popolazione presente nel carcere bolognese, assunti alle dipendenze della F.I.D. (Fare Impresa Dozza).
“Si tratta di un progetto unico e innovativo a livello nazionale, e forse anche europeo.” – afferma Massimo Ziccone, responsabile dell’area educativa del carcere. Al pranzo erano presenti anche ingegneri e figure titolate che rappresentano i tre marchi leader a livello mondiale della packaging valley – Gd, Ima e Marchesini Group.
Queste tre aziende bolognesi hanno sposato questo progetto sociale aprendo un’officina metalmeccanica. Il progetto prevede un periodo di formazione gestito dalla Fondazione Aldini Valeriani di Bologna, anch’essa presente alla tavolata. A tutte queste persone vanno i nostri più sentiti ringraziamenti per aver condiviso con noi un pranzo e gran parte del loro tempo, ma soprattutto grazie perché questa esperienza di lavoro, per noi detenuti, è un’occasione di riscatto sociale.
Fatemi infine aprire una finestra ampia su coloro che quotidianamente assistono gli operai - detenuti nella fase di apprendimento e montaggio del lavoro di meccanico. Parlo di arzilli e gagliardi vecchietti in pensione, anche se chiamarli vecchietti, è un eufemismo, perché hanno una giovinezza cognitiva e di spirito di gran lunga superiore alla nostra: solo l’età anagrafica ci differenzia, e, nonostante l’età, il rapporto che si è creato è veramente bello e ci arricchisce ogni giorno. La passione e curiosità che hanno questi tutor speciali è unica. Ci sono anche momenti di serietà, soprattutto quando un lavoro non viene svolto bene. Tuttavia, ciò che mi piace di più di loro è ascoltarli mentre parlano del loro vissuto lavorativo, per lo più come trasfertisti: questi signori hanno girato il mondo, parlano due o tre lingue, hanno visto il lusso di certi Stati e la miseria di altri, sono andati nelle zone di guerra.
Pendo dalle loro labbra quando raccontano di questi viaggi di lavoro come montatori di macchine che producono pacchetti per le sigarette, blister per medicinali, confezioni per il the etc. Per me è un onore averli come tutor e ogni loro consiglio, per me e per gli altri operai meccanici, è oro colato: a loro si deve un immenso e incondizionato riconoscimento.
Occorre considerare anche l’aspetto psicologico di questo lavoro, il quale richiede di fermarsi quando qualcosa non va sulla macchina e ragionare. Ebbene, per me è una novità, dato che, in passato, il mio agire era impulsivo e il non riflettere è stata la causa che mi ha portato in carcere.
Non ho altro da aggiungere, se non ringraziare tutti coloro che hanno permesso di realizzare questo progetto all’interno del carcere, offrendo a tanti ex detenuti di lavorare nel settore meccanico, dandogli la possibilità di cambiar vita e crearsi una famiglia. Vorrei sottolineare che c’è tanta gente che s'impegna anche per gli ultimi, e questa non è poca cosa e, anzi, bisogna tenerne conto.