
di Daniele Villa Ruscelloni/Uscire dopo tanti anni di detenzione non è facile. Uscirne in una condizione psicofisica stabile, è una fortuna in quanto in carcere per lo più si deve soccombere, non potendo manifestare quasi mai l’essere persona. E per me il primo desiderio è proprio tornare a essere persona e tornare in libertà, ai miei affetti il più possibile migliorato e riflessivo, dopo aver toccato il fondo.
Riemergere tuttavia è molto faticoso, considerando i tanti anni passati al buio e non alla luce della società, insieme alle altre persone libere. Ho capito che serve molto sacrificio e volontà per ritrovare una dimensione di “normalità esterna”. Spesso durante i miei permessi premiali, lo dico senza vergogna, ho avuto la percezione di non essere adeguato, o anche accettato dal nuovo mondo. Questa sensazione deriva forse dall’inconscio, che ci fa sentire sempre in difetto a causa degli errori commessi in passato, rendendoci molto spesso incompresi anche a noi stessi.
Penso che occorrano mesi prima di riuscire a sentirsi di nuovo pienamente integrati nella società, soprattutto dopo una lunga carcerazione. La cosa più importante è credere in se stessi e riacquistare autostima, dopo il tanto tempo trascorso senza poter esprimere in pieno la propria personalità. Ma da soli non ce la possiamo fare; occorre lasciarsi guidare con fiducia da chi ci tende la mano per sostenerci e aiutarci a tornare responsabilmente a camminare con le nostre gambe.
I primi passi nella libertà sono caratterizzati da una grande fragilità, perché ancora tutte le negatività che abbiamo vissuto pesano in modo rilevante e il futuro è una grande incognita piena di insidie. Niente è facile nella vita, e paradossalmente nel mio caso, come per molti altri come me, lo è anche il momento tanto atteso del ritorno alla libertà e dell’opportunità di tornare in sé stessi in chiave positiva e ripropositiva.